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Carbofobia

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(@andrea)
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Da low carb a zero carb.

Zona, Chetogenica, Metabolica, Atkins, Body Opus, Paleolitica, ABCDE… Il trend attuale sembra essere quello di sparare “a zero” - è proprio il caso si dirlo - contro i carboidrati. Anzi, è diventata un’abitudine talmente radicata, che oggi il vero trend potrebbe paradossalmente essere una loro rivalutazione. Dall’attacco, più o meno giustificabile, nei confronti degli abusi di fine secolo scorso, si è passati ad una pericolosa demonizzazione che sta portando a restrizioni glucidiche così radicali da sfiorare la follia. Qualunque quantità è sempre eccessiva e allora si scende sempre più, fino ad arrivare vicino all’azzeramento: da una low-carb iniziale ci si ritrova così quasi sempre a seguire una zero-carb. E questo magari perché si è rimasti inebetiti leggendo che l’uomo di Neanderthal non mangiasse i maccheroni o che Lucy (la nostra antenata più remota) non avesse la cellulite.

Terrore di qualunque forma di glucide, diete prive di carboidrati in qualunque periodo dell’anno, allenamenti ipercatabolici in un contesto già supercatabolico, stanchi, spossati, irritati, assonnati. Domanda: c’è veramente bisogno di ridursi così?

Primo problema: gli enzimi fanno le valigie

Meno glicogeno c’è, tanto più tempo serve alla sua ricostituzione. Quando la dimensione della molecola di glicogeno si riduce molto, gli enzimi responsabili della sua resintesi, che normalmente “vivono” su di esso, “traslocano” e vengono inattivati. Questo è chiaramente quello che succede in seguito ad allenamento e ancor di più se svolto in low-carb: la capacità di recupero è ridotta (1). E l’attività classicamente anaerobica svolta in palestra attinge quasi esclusivamente al glicogeno muscolare. Perciò, gli allenamenti andrebbero opportunamente calibrati in cicli low-carb.

Secondo problema: il muscolo pensa "ai fatti suoi"

Mentre il glicogeno epatico costituisce una riserva per tutto il corpo, il muscolo, essendo sprovvisto dell’enzima necessario, non può riversare glucosio in circolo, ma può utilizzare il suo glicogeno solo in loco. La neoglucogenesi nel muscolo, d’altra parte, è alquanto scarsa, per cui, quando il glicogeno si esaurisce, l’acido lattico formatosi viene immesso in circolo e portato al fegato, dove viene trasformato in glucosio e come tale riportato al muscolo. Ma il glucosio a questo punto vi giungerà molto lentamente a causa dello schiacciamento dei vasi.

Terzo problema: un mare acido

Sì, ma l’atleta allenato è capace di utilizzare il lattato prodotto, si obietterà. È vero: tanto più un muscolo è allenato, tanto meno lattato rilascerà in circolo. In circolo! Ma il lattato verrà pur sempre prodotto e come tale causerà un calo del pH intramuscolare (ma anche di quello ematico, perché una quota, volenti o nolenti, andrà inevitabilmente in circolo). Questa condizione di acidosi contribuirà a determinare un calo della resa atletica (2).

L’acidosi metabolica, tra l’altro, è già più alta negli atleti: allenamento anaerobico, alte proteine, bibite light a go-go, alcuni farmaci [clenbuterolo, metformina (3), fenformina, etc.], per cui una low-carb, con la sua “fedele” chetosi, non farà altro che appesantire questa situazione.

Quarto problema: la prigione e l’ora d’aria

Inutile dire: “in ricarica smettere di mangiare quando si comincia a sentirsi pieni”. C’è poco da fare: lunghi periodi di privazione totale o semi-totale di carboidrati portano a giorni (rigorosamente calcolati!) di… sciacallaggio alimentare! Altro che ricarica: si divorerà tutto quello che di commestibile ci sarà intorno, con ben fisso il pensiero (terrore) che dal giorno dopo si ripiomberà nuovamente “in prigione”.
Non solo carbo-craving, ma anche lipo-craving: dolci, salumi, formaggi, gelati, gelatai, gelaterie… tutto sarà fatto fuori nel più breve tempo possibile. E non ci si sentirà mai (mentalmente) “pieni”.

Simili comportamenti sono prodromi bulimici, che alla lunga sconfineranno in una maniacale attenzione per ogni grammo di glucide in più. Attenzione che permarrà anche al momento del rientro ad un regime più bilanciato, quando tra l’altro i chili persi verranno ripresi tutti con gli interessi (refeeding-rebound).

Quinto problema: la fornace si spegne

In un contesto low-carb, come pure nell’esercizio prolungato, la conversione di T4 in T3 (la forma attiva) è alquanto inibita, mentre è attivata quella di T4 in T3-inversa (reverse-T3), inattiva: ne deriva un rallentamento del metabolismo, simile a quello che si manifesta nell’anziano (4). È una sorta di protezione attuata dall’organismo in una situazione di pericolo, quale può essere un certo tipo di dieta, di allenamento e la T stessa, al fine di limitare la disgregazione della massa magra.

Lo shift e l’eroe

Ti intestardisci a consumare 20-30 gr di carboidrati al giorno per 6 o più (anche molti di più!) giorni consecutivi, costruendoti paranoie sul fatto che un carciofo abbia 1 gr in più di carboidrati rispetto ad un finocchio. Sei dove ti hanno detto di dover essere: in pieno shift metabolico. Il cervello ti chiede zuccheri. Tu vuoi zuccheri! Ma cerchi di resistere, strenuamente, in ogni modo. Ti ergi a paladino dei chetoni. Un moderno Tantalo autoimmolatosi a patire il tormento eterno della fame.

Al 4° giorno di scarica non vorresti proprio andare in palestra. Al 5° stramazzi ai piedi della press. Al 6° non ti alzeresti dal letto. Ma alla fine ti rassegni, concludendo che “vabbè ci si abitua a convivere con tali sintomi…”.

Richiedo: c’è veramente bisogno di ridursi così?

Il ciclo di 5 giorni

Il regime ipoglucidico dovrebbe essere protratto per tre giorni: 2 gr di carboidrati per ogni kg di massa magra dovrebbero consentire in questa fase una buona deplezione dei depositi di glicogeno.

Poi, subito dopo la fine dell’ultimo allenamento in fase ipoglicemica (possibilmente svolto al mattino per avere più tempo per ricaricare), si inizierà il reintegro glucidico, considerandolo in due tempi (5): rapido nelle prime 24 ore di ricarica, quando sarà esaltata l’attività della glicogeno-sintetasi, l’enzima deputato allo stoccaggio del glicogeno (si potranno ora assumere fino a 15-20 gr di carboidrati per ogni kg di massa magra, prediligendo nelle prime 12 ore le forme semplici); meno rapido nelle successive ore (sarà ora necessario adeguare l’apporto glucidico a circa 10-15 gr/kg di massa magra in seconda giornata e a 8-10 gr in terza, preferendo ora le forme complesse).

Diminuendo la quota glucidica, si asseconderà la supercompensazione dei depositi e non ci sarà pericolo di “far traboccare l’acqua dal vaso”.

InteGraaltori

Un cenno infine all’integrazione. Un esempio per tutti: il potassio. La condizione di acidosi in cui ci si trova in scarica (e perciò anche a inizio ricarica), avrà causato fuoriuscita del minerale dalle cellule, quindi iperkaliemia (aumento delle concentrazioni nel sangue): ne consegue che il potassio non va mai somministrato a inizio ricarica, ma solo quando, corretta l’acidosi, sarà rientrato nelle cellule. A cosa si assiste di solito, invece? All’esatto contrario.

È solo un esempio, ma basta per rendersi conto della situazione imperante nel settore. Stregoni, intrugli esoterici e formule magiche: potassio, clenbuterolo, metformina, lingue di rospi, code di topi, ali di pipistrelli… Brodaglie rette alla stregua del Sacro Graal e trangugiate negli spogliatoi con ascetico diniego culturistico.

Non sono contro gli integratori, anzi: sono solo contrario alle pratiche seguite senza criterio e sulla scia del sentito dire.


L’allenamento: come demolire il glicogeno

Le low-carb mal si abbinano ad allenamenti ad alta intensità. Occorre perciò strutturare le sedute in modo da assecondare sia la fisiologia che il regime ipoglucidico in atto.

Solo il primo giorno di rientro dopo la ricarica, in cui si potrà contare su depositi pieni, sarà giustificato un allenamento pienamente “heavy”. Seduta glicolitica: basse ripetizioni, rest-pause, grossi carichi, grosso pump.

Il secondo giorno è il giorno chiave per la deplezione ottimale dei depositi di glicogeno. A inizio allenamento, l’apporto di sangue e ossigeno non è ancora adeguato alle richieste, per cui, sulla scia del giorno prima, il lavoro sarà indirizzato alle fibre II (glicolitiche), per degradare ancor di più il già basso livello di glicogeno. Una volta depleto questo, il lattato prodotto dalle fibre II inizierà a venire ossidato dalle I del muscolo stesso, per cui è proprio a quest’ultime che dovrà ora essere rivolto il carico allenante: alte ripetizioni, superserie, stripping.

Giunti così a fine seduta, l’apporto di ossigeno sarà finalmente appropriato per l’ossidazione lipidica (cardio).

Il terzo giorno, il livello di partenza di glicogeno sarà ulteriormente basso, per cui in quest’ultima fase di scarica l’allenamento dovrà essere ancora meno intenso: grossi gruppi muscolari, alte ripetizioni, basso recupero e cardio.

I livelli di glicogeno ottenuti con una ricarica glucidica svolta in maniera ottimale dovrebbero mantenersi per circa 3 giorni senza allenarsi. Alla ripresa degli allenamenti, si potrà contare su depositi pieni e quindi si potrà ricominciare il ciclo con il primo allenamento nuovamente svolto ad intensità alta.

Conclusioni

Le teorie che vedono nell’uomo preistorico una sorta di dietista ante litteram sono certamente affascinanti e possono costituire un ottimo spunto su cui costruire interessanti ipotesi nutrizionali.

Il primo obiettivo di un atleta resta comunque quello di disporre di riserve adeguate. Perciò, tutte le metodiche che propongono deplezioni croniche dei depositi di glicogeno dovrebbero essere attentamente vagliate prima di venir poste in essere.

Anni fa i carboidrati erano idolatrati, oggi sono odiati, tra qualche tempo torneranno ad essere rivalutati. È la natura dell’uomo, in continua caccia del “nuovo”… e si sa, la ricerca di innovazione conduce spesso in posti in cui si è già stati.

BIBLIOGRAFIA

1. Rogero MM et al, Neuroendocrine and nutritional aspects of overtraining, Arq Bras Endocrinol Metab, 49 (3), 359- 368, 2005.
2. Lambert CP, Flynn M.G., Fatigue during high-intensity intermittent exercise: application to bodybuilding Sports Med, 32 (8), 511-522, 2002.
3. Khan JK et al, Lactic acidemia associated with metformin, Ann Pharmacother, 37 (1), 66-69, 2003.
4. Pinchera A. et al, The aging thyroid, Endocr Rev, 16 (6), 686-715, 1995.
5. Ivy JL, Dietary strategies to promote glycogen synthesis after exercise, Can J Appl Physiol, 26, Suppl S236-45, 2001.

fonte: http://musolino.jimdo.com/pubblicazioni/alimentazione/carbofobia/


   
Citazione
(@rosenz)
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Registrato: 13 anni fa
Post: 184
 

Ottimo contributo. Grazie.

Le crociate anti-carbo arrivano fino alla
degenerazione totale, come capita di leggere in altri siti, i quali trasformano
una necessità fisiologica in una forma di dipendenza.

Da una premessa
ragionevole (gli eccessi) arrivano a conclusioni ridicole, prive di senso ed
oltretutto dannose per la salute.

Saluti.


   
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(@andrea)
Membro
Registrato: 13 anni fa
Post: 708
Topic starter  

ok Enzo, per alzare la quota di carboidrati sono d'accordo (neccessitiamo
di circa 150 grammi al giorno per rifornire il sistema nervoso centrale e altri
tessuti quindi se non glieli dai se li prende dalle riserve epatiche), ma può
diventare un problema se si assumono da sola frutta e verdura. sappiamo che piu
di una certa quantita di frutta non si puo assumere tutta in un botto quindi gli
unici momenti lontano dai pasti sono la mattina e negli spuntini.

Riporto
da un link che ha postato Salvio questo pezzo interessante (è riferito alla
metabolica)

Carico di carboidrati, sbalzo insulinico....

Ricordiamo che ognuno
di noi può immagazzinare un quantitativo limitato di glicogeno e che una volta
saturate tali riserve il glicogeno in eccesso sarà inevitabilmente trasformato
in grasso.

Per calcolare approssimativamente il livello massimo di
glicogeno stoccabile nel proprio corpo basta moltiplicare il proprio peso
corporeo per 30 e dividerlo per 4 (le calorie sviluppate da un grammo di
carboidrati).

Così, per esempio, un uomo di 70 kg normopeso può
immagazzinare al massimo 30 x 70 = 2100 Kcal che corrispondono all'incirca a 525
grammi di carboidrati.

Due giorni alla settimana in cui mangiare "di
tutto e di più" sono più che sufficienti per saturare queste scorte. Ipotizzando
che durante la fase di scarico un soggetto consumi in media 50 grammi di
carboidrati al giorno dopo 5 giorni accumulerà un deficit di 500 grammi
(considerando che il suo fabbisogno quotidiano di carboidrati sia di 150
grammi). In pratica al 5° giorno avrà svuotato tutte le sue scorte di glicogeno
e la successiva ricarica di carboidrati gli impedirà di produrre ed utilizzare i
corpi chetonici.

Ma allora non sarebbe meglio limitarsi a ridurre
i carboidrati anziché abolirli quasi del tutto? Almeno così risparmieremo al
nostro corpo inutili sbalzi insulinici ed ormonali, evitando tutti gli effetti
negativi di questa "folle" dieta metabolica.

Quindi se si sta sui 50 grammi al giorno
di carbo seguendo questa logica si arriva giusti (a grandi linee forse è meglio)
alla ricarica del fine settimana


   
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(@rosenz)
Membro
Registrato: 13 anni fa
Post: 184
 

MangiaConsapevole ha scritto:ok Enzo, per alzare la quota di
carboidrati sono d'accordo (necessitiamo di circa 150 grammi al giorno per
rifornire il sistema nervoso centrale e altri tessuti quindi se non glieli dai
se li prende dalle riserve epatiche), ma può diventare un problema se si
assumono da sola frutta e verdura. ........

Per quanto
interessanti non mi piace fare calcoli precisi su quote di macronutrienti
(grammi, calorie ecc..) in quanto alla lunga creano un atteggiamento
conflittuale e controproducente verso il cibo. Meglio affidarsi al semplice buon
senso ed all'istinto che ci sono rimasti.

Detto questo dovrei capire
perché escludi senza appello (mi par di capire) una quota anche moderata di
cereali e di legumi dalla tua alimentazione, se lo fai per scelta "ideologica" o
se in effetti ti creano problemi.

In entrambi i casi infatti ti sarà
difficile raggiungere una quota soddisfacente di carboidrati.

Ciao.


   
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Tropico
(@tropico)
Membro Admin
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Post: 9903
 

si a dirti la verità non mi piacciono neanche a me i calcoli, pensiamo con
questi di avere sotto controllo la situazione ma il nostro organismo è troppo
complesso per capire i suoi miliardi di processi con un calcolo
matematico.

---

spulciando tra i vecchi post mi ha colpito in particolare questo. eh si è
vero..si stanno molto demonizzando i carbo quando basterebbe solamente adottare
dei piccoli accorgimenti nell' assumerli

La medicina ha fatto così tanti progressi che ormai più nessuno è sano. Huxley | La persona intelligente è quella, e solo quella, che riesce a mettere insieme più aspetti della realtà ed è capace di trovare tra di essi una correlazione. C.Malanga


   
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(@alturia)
Membro
Registrato: 13 anni fa
Post: 56
 

Io mangio tra i 50 e 100 gr di pane al giorno.

Dovrei considerarlo
un eccesso di carbo, secondo voi?

PS: rispondete pure senza alcun timore,
dal momento che se anche mi diceste che sono troppi io continuerei imperterrita
a mangiarmi i miei deliziosi panini con enorme soddisfazione.


   
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(@davideleo)
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Registrato: 13 anni fa
Post: 171
 

Prima della quantità mi preoccuperei della qualità. Evita il pane di
frumento e mangia solo pane a lievitazione naturale, possibilmente
integrale.


   
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(@carter07)
Membro
Registrato: 13 anni fa
Post: 253
 

Ma il pane a pasta acida com'è di sapore?
E' simile rispetto a quello
tradizionale o è proprio un'altra cosa?


   
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Tropico
(@tropico)
Membro Admin
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Post: 9903
 

Il pane a pasta acida é quello tradizionale.

La medicina ha fatto così tanti progressi che ormai più nessuno è sano. Huxley | La persona intelligente è quella, e solo quella, che riesce a mettere insieme più aspetti della realtà ed è capace di trovare tra di essi una correlazione. C.Malanga


   
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(@alturia)
Membro
Registrato: 13 anni fa
Post: 56
 

Il pane di frumento dovrei evitarlo anche se integrale? E su quale tipo
di cereale dovrei orientare la mia scelta?

Sì, il pane che mangio è
lievitato a pasta acida.


   
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(@davideleo)
Membro
Registrato: 13 anni fa
Post: 171
 

Sì, anche se integrale. Il frumento ormai è un cereale completamente
innaturale. Qualsiasi altro cereale va bene, non so tu che cosa trovi, io più
che altro consumo prodotti a base di segale, farro e avena. L'unica forma in cui
consumo frumento è il pangermoglio.


   
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fabio meloni
(@fabietto)
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Registrato: 13 anni fa
Post: 7422
 

Ottimo quello di segale (è anche meno calorico di quello di grano) fatto in
casa: quello che vendono a bauletto nei super market non è, per me, proprio il
massimo!
Molti panettieri (ma anche qualche brava massaia) per accelerare la
lievitazione ci mettono anche quello di birra di lievito e poi lo spacciano per
essere pane casereccio tradizionale.
Ho notato che tutto il pane che vendono
per essere integrale (tranne le eccezioni di quello che vendono nelle
erboristerie) contiene solo una percentuale di farina integrale mentre il resto
è farina normale raffinata.

Quì un metodo per prepararsi il pane a pasta
acida da se:
http://www.kousmine.eu/page40/page42/page51/page51.html

---

Per quanto interessanti non mi piace fare calcoli precisi su quote di macronutrienti (grammi, calorie ecc..) in quanto alla lunga creano un atteggiamento conflittuale e controproducente verso il cibo. Meglio affidarsi al semplice buon senso ed all'istinto che ci sono rimasti.

Non mi piace nemmeno a me! Un periodo che mia suocera era a dieta mi piangeva il cuore a vederla pesare il cibo con il musone......e infatti dopo un'anno di resistenza ha mollato e a deciso di rimanere grassa....ed'è talmente scottata che non ne vuole nemmeno sentire il nome....

La forma è anche sostanza. Chi veicola un messaggio non può essere estraneo al suo contenuto. Tropico - Chi è musone e triste non riesce a tener lontano la malattia. Tonegawa - Le testimonianze vere di gente normale valgono più di tante elucubrazioni teoriche. Francesca F.C.


   
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(@alturia)
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Registrato: 13 anni fa
Post: 56
 

davideleo ha scritto:Sì, anche se integrale. Il frumento ormai
è un cereale completamente innaturale. Qualsiasi altro cereale va bene, non so
tu che cosa trovi, io più che altro consumo prodotti a base di segale, farro e
avena. L'unica forma in cui consumo frumento è il
pangermoglio.

Solitamente mangio quello di farro
perché lo preferisco ma non disdegno neppure il semintegrale di grano. Non so se
ti è mai capitato di assaggiare un pane fatto da un grano duro riscoperto
ultimamente. Pare si tratti di una antica varietà che si stava perdendo
recuperata da tale Sentatore Cappelli. Tale chicco infatti ora viene
identificato con il suo nome. La proprietaria del negozio di alimenti naturali
da cui mi servo mi riferiva che essendo esigua la resa per ettaro di tale grano
fino a poco tempo fa veniva riservato solo ai pastifici. Da qualche tempo forse
ne viene prodotto un po' di più e si riesce a trovare anche il pane. A me piace
molto.


   
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(@davideleo)
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Registrato: 13 anni fa
Post: 171
 

alturia ha scritto:Non so se ti è mai capitato di assaggiare
un pane fatto da un grano duro riscoperto ultimamente. Pare si tratti di una
antica varietà che si stava perdendo recuperata da tale Sentatore
Cappelli.

Sì, lo conosco. Il Sentatore Cappelli va
benissimo. Il pane fatto con questa varietà di frumento non l'ho mai trovato, ma
se ho voglia di farmi una pasta uso solo Sentatore Cappelli o Kamut.


   
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(@alturia)
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Registrato: 13 anni fa
Post: 56
 

Affinché i carbofobici non mi spediscano prima del tempo nel un girone
infernale riservato ai mangiatori di cereali e amidi in genere specifico che al
di fuori dai miei irrinunciabili 50/100 gr di pane al dì io non mangio altri
carboidrati provenienti da cereali. Consumo anche pochissime patate nonostante
mi sia stato detto sarebbero preferibili per mancanza di glutine. Ma l'idea di
prepararmi dei panini ripeni tra due fette di patate mi fa passare la
fame.


   
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(@miranda)
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Registrato: 13 anni fa
Post: 3
 

mmm...interessante questa disquisizione sui carboidrati!!!Anche io sono tra
qulli che odiano un pochino i carbo derivante dai cereali.Praticamente non ne
mangio.Assumo carbo da frutta e verdura...il motivo?!Questa schifosissima
cellulite su gambe e glutei,che si attenua ma non va mai via !


   
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