Confezionamento con CO: una nuova tecnologia di confezionamento senza ossigeno per l'industria europea della carne
In Norvegia il confezionamento in atmosfera modificata con utilizzo di monossido di carbonio (CO) è stato impiegato per quasi vent'anni (1985-2004). Negli Stati Uniti tale tecnologia è stata approvata come GRAS (Generally Recognised As Safe) a partire da luglio 2004 ed è stata introdotta nel commercio al dettaglio nel 2005. Tuttavia, il CO non è ancora stato inserito nella lista degli additivi alimentari consentiti nell'Unione Europea ed è questo il motivo per il quale l'industria norvegese ha dovuto interromperne l'utilizzo un anno fa.
Attualmente le conoscenze scientifiche riguardanti l'impiego del CO nel confezionamento della carne in atmosfera protettiva sono notevolmente aumentate ed è opportuno che le industrie europee siano al corrente dell'esistenza di questa tecnologia, in modo da poter sostenere una sua rivalutazione.
Lo scopo non è quello di rimpiazzare le metodiche utilizzate al giorno d'oggi, ma di disporre piuttosto di una valida tecnologia alternativa.
Il monossido di carbonio è conosciuto da molto tempo per la sua ottima capacità di mantenere rosso brillante il colore delle carni.
All'interno dell'atmosfera protettiva in cui è confezionata la carne, il CO viene introdotto a basse concentrazioni (non superiori allo 0,4%), all'interno di miscele gassose contenenti biossido di carbonio (CO2), ad effetto batteriostatico, ed azoto (N2). Numerose ricerche scientifiche e test di produzione hanno dimostrato che miscele gassose contenenti basse percentuali di CO possono apportare una notevole quantità di benefici rispetto ad altre tecniche utilizzate. Tali benefici non sono fruibili soltanto dall'industria, ma anche dai commercianti e dai consumatori.
Il confezionamento della carne in basse percentuali di CO consente di ottenere prodotti caratterizzati non solo da un colore rosso brillante, ma anche da un'elevata conservabilità.
Quest'ultima caratteristica contribuisce a limitare le perdite presso i punti vendita e permette di mantenere in esposizione una più ampia varietà di prodotti. L'assenza di ossigeno (O2) e l'alto livello di CO2, associati all'utilizzo di questa tecnologia, limitano inoltre lo sviluppo di batteri alteranti, nonché di alcuni batteri patogeni (es. E. coli 0157:H7). Tempi di conservabilità simili possono essere ottenuti soltanto tramite il confezionamento sotto vuoto oppure in anaerobiosi (con elevate concentrazioni di CO2), ma questi metodi impediscono di mantenere il colore rosso brillante della carne.
Spesso, in seguito al confezionamento ad elevate concentrazioni di ossigeno, le ossa vanno incontro ad inscurimento (bone discoloration): tale fenomeno è completamente assente nei prodotti confezionati a basse concentrazioni di CO. Il confezionamento con un'alta concentrazione di ossigeno provoca inoltre un imbrunimento precoce (premature browning ) della carne, una condizione per la quale il colore della carne, durante la cottura, diventa internamente bruno o grigio, dando l'apparenza di una carne ben cotta, a temperature interne più basse (circa 60°C) di quelle attese.
La resistenza di alcuni batteri patogeni a tali temperature pone di conseguenza un rischio per la salute del consumatore, in particolare in seguito al consumo di carne macinata. L'utilizzo di basse percentuali di CO nel confezionamento della carne previene con efficacia questo fenomeno. Sovente i consumatori di diversi Paesi si lamentano per il gusto rancido che le carni conservate con alte concentrazioni di ossigeno possono avere, pur mantenendo colore ed apparenza soddisfacenti.
La carne conservata sotto elevate concentrazioni di O2 è, infatti, propensa all'ossidazione lipidica, con conseguente rancidità del prodotto. Recentemente è stato, inoltre, messo in evidenza come la carne bovina conservata in presenza di alte concentrazioni di ossigeno non intenerisca, probabilmente perché le proteine strutturali possono essere ossidate. Viceversa, il processo di intenerimento procede normalmente nella carne conservata con basse concentrazioni di CO o sottovuoto.
L'ossigeno, ad eccezione delle carni, è raramente incluso nelle miscele gassose impiegate nella conservazione degli alimenti, in quanto facilita la crescita batterica e avvia i processi di ossidazione.
Il suo utilizzo, ad alte concentrazioni, per il confezionamento dei prodotti alimentari iniziò più di trent'anni or sono, ma le conoscenze oggi disponibili dimostrano che esso presenta diversi svantaggi.
La via più comune ed efficiente di utilizzare il CO è tramite la sua inclusione, a basse percentuali, in atmosfera protettiva (in una miscela di CO2 al 60-70% ed N2 al 30-40%, chiamata 'lowCO/highCO2') direttamente nelle confezioni pronte per la vendita al consumatore. Questa tecnologia si è rivelata adatta per tutti i tipi di carne fresca: carne di bovini, suini, pollame, agnelli. Diversi sono i metodi disponibili per produrre tali confezioni.
Carne norvegese di suino, bovino e pollo confezionata in atmosfera protettiva con 0,4% CO, 60% CO2, 39,6% N2 (foto Merok, giugno 2004).
Un metodo più complesso e costoso é rappresentato dall'imballaggio master-bag, tramite il quale la carne di piccola pezzatura viene confezionata in confezioni separate, poi imballate assieme in contenitori più grandi, contenenti basse concentrazioni di CO. Questi vengono aperti soltanto a livello di punto vendita e le singole confezioni sono quindi riposte nei ripiani di esposizione.
Un terzo metodo è rappresentato dal pre-trattamento della carne con elevate concentrazioni di CO, seguito dal confezionamento in ambiente privo di ossigeno (e privo anche di CO), permettendo così il mantenimento del colore. Tale tecnica non è stata tuttavia mai utilizza dall'industria della carne.
Per quale motivo dunque la CO non è stata ancora aggiunta alla lista degli additivi alimentari consentiti dalla legislazione europea? La ragione principale deriva dall'opinione del Comitato Scientifico UE, che, pur giudicando l'utilizzo del monossido di carbonio alle concentrazioni descritte assolutamente sicuro per la salute umana, ha posto una riserva.
Nel caso di un'interruzione nella catena del freddo, i consumatori potrebbero infatti essere tratti in inganno, in quanto il colore rimarrebbe rosso vivo anche se la carne sarebbe microbiologicamente alterata.
Ulteriori esami condotti dalle autorità di controllo nell'Unione Europea e negli Stati Uniti confermano tuttavia che non sussiste alcun rischio per la salute in seguito al consumo di carne conservata in atmosfera contenente fino allo 0,5% di CO. I vantaggi che questa tecnologia porterebbe ai consumatori non sono stati sufficientemente posti in evidenza. Alcune considerazioni devono essere fatte a proposito del timore di oscuramento dell'alterazione della carne. Fonte
La medicina ha fatto così tanti progressi che ormai più nessuno è sano. Huxley | La persona intelligente è quella, e solo quella, che riesce a mettere insieme più aspetti della realtà ed è capace di trovare tra di essi una correlazione. C.Malanga
Carni trattate con monossido di carbonio, ecco come si trasformano
Un trattamento nocivo per la salute dei consumatori, che allunga sensibilmente i tempi di conservazione e conferisce al prodotto un aspetto migliore, tipico della carne fresca
Riportiamo di seguito i risultati dell'indagine analitica sul trattamento illecito delle carni con monossido di carbonio. Si tratta di uno studio realizzato da Marco Vincenti e Marco Pazzi del Dipartimento di Chimica Analitica, Università degli Studi di Parma.
Il monossido di carbonio introdotto illecitamente nelle confezioni sigillate di carne si ripartisce nel tempo per reazione con i tessuti muscolari superficiali della carne, per formare la carbossimioglobina, assai più stabile (25 volte) dell'ossimioglobina. Col trascorrere del tempo dal momento della macellazione (o dallo scongelamento) l'ossimioglobina si ossida per formare metamioglobina. Analogo processo avviene per la carbossimioglobina, se viene rimossa l'atmosfera di monossido di carbonio.
Ossimioglobina e carbossimioglobina hanno forte colorazione rossa, data dall'interazione del complesso di ferro (II) dell'eme con le molecole di gas (O2 oppure CO), diversamente dalla metamioglobina, di colore giallo-bruno.Il colorimetro è uno strumento capace di determinare le coordinate di colore degli oggetti sottoposti ad analisi. La misura viene effettuata appoggiando la testa piatta della sonda di rilevamento alla superficie della quale si voglia misurare il colore. Il segnale emesso viene rielaborato, ed eventualmente mediato dopo una serie di letture in punti differenti della superficie in esame.
Rispetto alle tecniche spettrali, l'analisi colorimetrica ha il pregio di definire quantitativamente il punto di colore dell'oggetto studiato. Il sistema di coordinate intuitivamente più semplice è costituito dai parametri (L, a, b). Il parametro "L" definisce la luminosità globale dell'oggetto, i parametri "a" e "b" definiscono antipodi di colore, dove alti valori positivi e negativi di "a" sono associati al colore rosso e al colore verde, mentre alti valori positivi e negativi di "b" sono associati rispettivamente ai colori giallo e blu.
Abbiamo effettuato misure colorimetriche con cadenza quotidiana, a partire dal giorno in cui i campioni surgelati sono stati scongelati e posti in frigorifero alla temperatura di +4°C. La prima misura è stata effettuata al termine del processo di scongelamento mentre le misure dei giorni successivi sono state effettuate sulle medesime confezioni aperte e conservate in frigorifero in atmosfera naturale.
La figura riporta l'andamento nel tempo della coordinata "a" per il campione di sottofiletto "Trattato" e per quello di "Confronto". I punti sperimentali sono riportati con gli intervalli di errore, rappresentati dalla deviazione standard. Si possono effettuare le seguenti considerazioni: (1) l'intensità del colore rosso, definito quantitativamente dalla coordinata "a", già al momento dello scongelamento è più che doppio per la carne trattata con monossido di carbonio rispetto a quella non trattata; (2) dopo quattro giorni dallo scongelamento e dall'apertura della confezione, la carne trattata con CO mantiene un colore rosso più vivo di quello che aveva la carne non trattata al momento dello scongelamento; (3) dopo sette giorni in frigorifero la carne trattata mantiene ancora un netto colore rosso, benché tendente al bruno, paragonabile a quello che ha la carne non trattata dopo un solo giorno di frigorifero; (4) la carne non trattata acquista un netto colore marrone-bruno già al secondo giorno di conservazione, che si accentua successivamente.
I punti sperimentali, relativi al campione "Trattato" sono interpolati con una funzione esponenziale, che modellizza la dinamica del rilascio del monossido di carbonio dalla mioglobina. Considerazioni analoghe valgono per campioni di carpaccio e di carne trita. Per osservare l'evoluzione nel tempo dei processi ossidativi da ossi- e carbossi-mioglobina a meta-mioglobina da un altro punto di vista, abbiamo effettuato una serie di estrazioni dai campioni di carne tritata, in giorni consecutivi, e di questi estratti abbiamo registrato gli spettri di assorbimento nel visibile, dopo opportuna filtrazione e diluizione.
Per quanto si riferisce ai campioni trattati, il profilo spettrale relativo al giorno 26 gennaio corrisponde a quello della carbossi-emoglobina pura, con picchi netti e ben distinti a 541 e 576 nm. Il fatto che lo spettro della carbossiemoglobina sia estremamente simile a quellodella ossiemoglobina fa sì che la carne trattata con monossido di carbonio simuli un colore naturale. Gli spettri relativi ai giorni 27 e 28 gennaio confermano la persistenza della carbossimioglobina negli estratti, anche se i picchi tipici della metamioglobina (500 e 630 nm) tendono a crescere nel tempo e manifestano la progressiva ossidazione della carbossimioglobina.
Lo spettro del 29 gennaio denuncia la quasi completa trasformazione della carbossimioglobina in metamioglobina. Oltre alle analisi colorimetriche e spettrofotometriche citate, sono state effettuate analisi in riflettanza, unitamente a determinazioni spettrofotometriche nell'infrarosso e a determinazioni gascromatografiche. L'insieme di queste tecniche ha permesso di delineare un quadro conoscitivo completo e a pervenire a conclusioni certe riguardo al potenziale rischio sanitario associato al trattamento delle carni con monossido di carbonio.
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