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[Celiachia] Celiaci non si nasce, si diventa

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Tropico
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Nella malattia celiaca (MC), per la sua natura multifattoriale, gli organi target non sono solo limitati all'intestino, ma includono la tiroide, il fegato, la pelle ed i sistemi riproduttivo e nervoso. Tra i sintomi extraintestinali associati alla MC, le malattie autoimmuni tiroidee (AITD) sono le più evidenti, sottolineando come le alterazioni autoimmuni associate alla MC possano essere modulate non solo dal glutine ma anche dalla coesistenza di vari fattori endogeni (ad esempio l'affinità genetica, la sovra-espressione di citochine) ed esogeni (ad esempio l'ambiente, le carenze nutrizionali). Nella loro patogenesi, viene mostrato un ruolo centrale della sovra-espressione della interleuchina-15 (IL-15) che, determinando l'inibizione dell'apoptosi, conduce alla perpetuazione dell'infiammazione e del danno tissutale. La tiroide è particolarmente sensibile alla carenza di selenio, poiché le selenoproteine (SeP) sono importanti nella biosintesi e attività degli ormoni tiroidei; inoltre, alcune SeP, come il glutatione perossidasi, sono coinvolte nella inibizione dell'apoptosi. Perciò, il malassorbimento del selenio nella MC può essere considerato un fattore chiave che conduce direttamente al danno tiroideo e intestinale. Considerando la complessità di questa interazione e sulla base delle evidenze disponibili, lo scopo di questo lavoro è di valutare, come target preventivo e terapeutico, il ruolo della IL-15 nella patogenesi della MC e AITD.

http://www.scielosp.org/scielo.php?pid=S0021-25712010000400006&script=sci_arttext

La medicina ha fatto così tanti progressi che ormai più nessuno è sano. Huxley | La persona intelligente è quella, e solo quella, che riesce a mettere insieme più aspetti della realtà ed è capace di trovare tra di essi una correlazione. C.Malanga


   
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Tropico
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Approfondimenti vari sulla celiachia http://www.gastronet.it/scientifico/approfondimento/celiachia/default.html

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Tropico
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Salute: in una molecola segreto per sconfiggere Celiachia

Un decapeptide, ovvero una molecola costituita da 10 aminoacidi, naturalmente presente nella frazione proteica di alcuni cereali, potrebbe combattere la tossicita' della gliadina, la proteina presente nelle farine di grano, segale e orzo, responsabile della Celiachia, una intolleranza alimentare permanente, su base autoimmune, che colpisce un soggetto su 100 nella popolazione generale. E' quanto viene descritto in uno studio pubblicato on-line dalla rivista Journal of Cereal Science, nato dalla collaborazione tra Marco Silano, Direttore del Reparto Alimentazione, Nutrizione e Salute del Dipartimento di Sanita' Pubblica Veterinaria e Sicurezza Alimentare dell'Istituto Superiore di Sanita' e i team di Luigi Cattivelli CRA-Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura presso i Centri di Ricerca di Foggia e di Fiorenzuola D'Arda (Piacenza) e di Luigi Maiuri, docente di Pediatria presso l'Universita' di Foggia e Direttore di Ricerca dell'Istituto Europeo per la Ricerca in Fibrosi Cistica (IERFC) presso l'Istituto Scientifico San Raffaele di Milano. Tale decapeptide, denominato pRPQ, e' in grado di prevenire la tossicita' della gliadina in vari modelli in vitro di malattia, compresa la coltura di mucosa intestinale di pazienti celiaci che riproduce i meccanismi di tossicita' del glutine in vivo. Si potrebbe quindi ipotizzarne, qualora studi in vivo sul paziente ne confermassero l'azione protettiva, l'uso in terapia per consentire ai soggetti celiaci un normale consumo di glutine e garantire un miglioramento della qualita' di vita dei pazienti. Lo studio apre nuovi potenziali scenari per il disegno di nuove cure per una malattia che, a tutt'oggi, e' controllabile solo attraverso l'esclusione del glutine e il ricorso a diete speciali. com-dab/sam/rob

Fonte

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 Muso
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Premesso che per me è un assurdità, sarebbe molto interessante vedere come funziona questa molecola, potrebbe spiegare molte cose a meno che non sia un immunosoppressore...


   
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Tropico
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La cosa strana o curiosa è che questo decapeptide è presente in natura in altri cereali..mah

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 Muso
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boooo, in ogni caso interessante vedere come funziona e perchè, attendiamo


   
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Tropico
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Epidemiologia Celiachia
(Cuneo 5 novembre 2005)
Negli anni 1970-80 si pensava che la malattia celiaca fosse una malattia rara,quasi esclusivamente pediatrica pressoché sconosciuta nell’adulto e diffusa soprattutto in Europa. Infatti gli studi epidemiologi di quell’epoca riportavano valori di prevalenza molto bassi perché la diagnosi si basava sui sintomi clinici prevalentemente gastrointestinali e sull’atrofia della mucosa digiunale . Grazie alla diffusione di tests sierologici sensibili e specifici è stato possibile eseguire gli screening sulla popolazione e si è potuto appurare che la malattia celiaca e molto frequente e diffusa anche in altri Paesi. In Europa la prevalenza della malattia celiaca valutata con lo screening è molto variabile.In Italia su 17.981 scolari di età variabile da 6 a 15 anni reclutati in 15 centri pediatrici è risultata di 1/184,ci sono altri contributi italiani in letteratura che riportano prevalenze anche superiori (1/150,1/100).In Sardegna (3490 soggetti 2096 bambini 1394 adulti) la prevalenza della malattia celiaca è la più elevata variando da 1/84 nel bambino e di 1/70 nell’adulto. Le prevalenze della Germania (1/500),della Svezia (1/190) ,della Svizzera (1/132) e della Romania (1/45) sono valutate su adulti,quelle dell’ Inghilterra (1/100), dell’Olanda (1/198) e della Finlandia (1/99) sono riferite ai bambini. In conclusione si valuta che la prevalenza in Europa sia di 1/200 od anche superiore. La prevalenza della malattia celiaca negli Stati Uniti è riportata in uno studio epidemiologico policentrico di Fasano e Coll. che comprende 13 .145 soggetti reclutati in 8 Ospedali collocati in diversi Stati.Nella popolazione generale (donatori di sangue,scolari ecc) la prevalenza è risultata di 1/133 (adulti 1/105,bambini 1/320).In pazienti sintomatici 1/58 (adulti 1/68, bambini 1/25).Nei parenti di primo grado 1/22.Nei parenti di secondo grado 1/39. Dell’America del sud sono pochi i lavori che riportano la prevalenza della malattia celiaca eppure la maggior parte della popolazione ha una origine europea e introduce grano nella dieta quindi è impensabile che la malattia celiaca sia poco frequente. Nella città di Brasilia in Brasile la prevalenza valutata sui donatori di sangue è di 1/681 e nei bambini con diarrea cronica la prevalenza è risultata essere di 1/157 . In Argentina su prelievi eseguiti in 2.000 adulti durante la visita prematrimoniale per controllo della sifilide,12 soggetti sono stati diagnosticati celiaci e la prevalenza è risultata essere di 1/167. In Australia in una popolazione rurale di origine anglo-celtica residente a sud ovest dell’Australia occidentale,la prevalenza è risultata essere di 1/251.Nella Nuova Zelanda in 1064 adulti la prevalenza è risultata essere di 1/82. In Egitto a Cardif la prevalenza è stata valutata su 1.000 studenti asintomatici è risultata di 1/166. Gli aiuti umanitari a base di farine di grano e di latte in polvere hanno reso sintomatica la malattia celiaca che probabilmente sino ad allora era latente in popolazioni di origine Araba Berber i Saharawi che vivono in Algeria .In questa popolazione la prevalenza è di 5,6% (1/17) I bambini presentano una grave diarrea con disidratazione che regredisce con la dieta senza glutine ma ricompare quando finiscono le scorte di alimenti senza glutine e sono costretti ad introdurre alimenti con glutine. Sia nei bambini affetti da celiachia che nella popolazione generale Saharawi Catassi e Coll.hanno valutato gli aplotipi HLA di predisposizione alla celiachia ed hanno riscontrato una elevata frequenza anche nei soggetti non celiaci e questo può in parte spiegare questa elevata prevalenza. Viceversa i Mossi che vivono a Burkina Faso nonostante l’introduzione di cibi contenenti glutine ,nessuno dei 600 soggetti studiati con anticorpi EMA e tTG è risultato essere celiaco. Per spiegare questo risultato Cataldo e coll. hanno determinato i gruppi genetici della celiachia in 85 soggetti, sono risultati positivi solo in 15 . Nel Medio Oriente (Asia sud-ovest)la prevalenza della malattia celiaca è maggiore rispetto a quella degli Usa e dell’Europa. D’altra parte nell’area mediterranea medio orientale il consumo del glutine è maggiore specie nella “mezzaluna fertile” In un’ospedale pediatrico del Kuwait il 18,5% dei bambini con diarrea protratta ha la malattia celiaca. La prevalenza della malattia celiaca in Israele,valutata su donatori di sangue asintomatici è risultata di 1/157. In Turchia su 1.263 scolari asintomatici la prevalenza della malattia celiaca è risultata essere di 1/158 con una prevalenza del sesso maschile (54.6%).
In Iran la malattia celiaca è molto conosciuta tanto che a Teheran è stato organizzato “il primo simposio asiatico sulla malattia celiaca” ad ottobre del 2001 quindi si dispongono dati di prevalenza in alcune patologie. Nei donatori di sangue la prevalenza delle malattia celiaca è risultata essere di 1/166 In 250 soggetti con diabete di tipo 1 la celiachia si è osservata nel 2,4% nei soggetti con colon irritabile nel 12%,in quelli con malattie infiammatorie croniche nel 7,8%,infine in quelli con epatite autoimmune il 3,8%.Nei bambini con diarrea cronica la prevalenza della malattia celiaca è risultata di 6,5% ma anche lo 0,8% dei soggetti senza diarrea è celiaco. La presenza della malattia celiaca in altri Paesi risulta dalla provenienza degli immigrati in Europa . Il Gruppo di Lavoro Nazionale per il Bambino Immigrato (GLNBI) e la Società Italiana di Gastroenterologia ,Epatologia e Nutrizione Pediatrica (SIGENP) hanno raccolto i dati di 1917 bambini immigrati da 22 Centri di Gastroenterologia Pediatrica tra il 1999 ed il 2001 . La malattia celiaca è stata diagnosticata in 36 di essi con una prevalenza di 1/53. La provenienza dei bambini immigrati era : Russia, Est Europa,Africa del Nord,dell’Est e dell’Ovest,Asia del Sud e Medio Oriente. In Inghilterra a Leicester tra i 106 celiaci 20 (1/5) erano immigrati dall’Asia 13 su 20 erano indiani Punjabis.In questa popolazione la celiachia è conosciuta come “diarrea estiva” poiché i sintomi intestinali peggiorano in estate quando le focacce sono fatte con farina di grano e scompaiono d’inverno quando le focacce sono eseguite con la farina di mais. Interessante è il risultato di uno studio eseguito nel 2004 in collaborazione con l’AIC Piemonte e Valle d’Aosta e con i Direttori ed i Responsabili del SIAN delle 22 ASL del Piemonte Il numero totale del celiaci assistiti sono risultati essere 3.763 con una prevalenza di 1/1.192. Sotto i 14 anni 703 con una prevalenza di 1/632. Nella Valle d’Aosta il numero totale dei celiaci è risultato essere di 175 con un rapporto celiaci assistiti di 1/704. Sotto i 14 anni i celiaci sono 32 con una prevalenza di 1/474. Queste prevalenze sono inferiori a quella Europea che oggi si stima essere 1/200 . Se noi applichiamo la suddetta prevalenza ai dati ottenuti i celiaci nella regione Piemonte dovrebbero essere 22.400 con un rapporto celiaci teorici/celiaci assistiti di 1/5.95 e nella Valle d’Aosta di 615 con rapporto teorici /assistiti di1/2.51 Quindi in Piemonte i celiaci adulti non assistiti sono 17.022 i non assistiti di età <14 anni sono 1.610. Nella Valle d’Aosta gli adulti non assistiti sono 398,quelli di età <14 anni sono 44. Da quanto esposto risulta che la malattia celiaca non è solo Europea ma diffusa in tutto il mondo e non colpisce solo il bambino ma anche l’adulto .
Prof.Nicoletta Ansaldi Balocco (Consulente Scientifico AIC Piemonte-Valle d’Aosta)
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Certo che la Sardegna è particolarmente colpita dalla celiachia con 1 ogni 70 tra gli adulti... peggio fanno sono alcune popolazioni arabe dell'Algeria.

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Tropico
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Celiachia dell'adulto: forse è meglio non scoprirla
La ricerca effettuata da gastroenterologi della Mayo Clinic, uno dei più prestigiosi ospedali al mondo, è stata pubblicata da poco su Gastroenterology, sicuramente una delle riviste più accreditate nel campo delle patologie intestinali ed alimentari (Godfrey JD et al, Gastroenterology. 2010 Sep;139(3):763-9. Epub 2010 Jun 1).

I ricercatori hanno studiato i campioni di sangue di 17.000 persone di oltre 50 anni che avevano effettuato degli esami del sangue per motivi completamente diversi nel corso di 6 anni compresi tra il 1995 e il 2001. Sono stati trovati 129 campioni fortemente positivi per il glutine, indicativi di solito di una malattia celiaca in atto.

Di queste persone sono state studiate tutte le possibili condizioni e si è visto che alla fine di 10 anni di osservazione (con una intolleranza al glutine in atto quindi, e continuando regolarmente a mangiare frumento, orzo e altri prodotti contenenti glutine) non si è avuto alcun tipo di aumento di mortalità per qualsiasi causa e nessun tipo di aumento specifico di forma tumorale. Dottor Attilio Speciani


Risposta di un collega mezzo Facebook
Gentile collega Speciani,
il suo commento è sicuramente attuale, ma non direi appropriato. Molto si dibatte a livello scientifico in merito alla possibilità di ripristinare la tolleranza immunologica, ma le sue conclusioni sono oltremodo semplicistiche. La lettura che lei fa del lavoro di Godfrey in questione è del tutto parziale, a tratti populistica, e per questo pericolosa. Infatti, non riscontro alcuna menzione al precedente lavoro dello stesso gruppo di ricercatori della Mayo Clinic, in cui si evidenziava, durante un monitoraggio più lungo nel tempo (25 anni), un aumento della mortalità di 4,5 volte nei celiaci non a dieta. Oltre a questo lavoro, diversi studi avevano già ampliamente segnalato la pericolosità della celiachia dell’adulto non trattata: al riguardo cito la ricerca multicentrica italiana pubblicata su Lancet (Corrao et al. 2001) in cui si segnalava una riduzione del rischio di complicanze (celiachia refrattaria, digiunioileite ulcerativa) nei celiaci che seguivano regolarmente la dieta senza glutine.
Nella descrizione della ricerca in questione, non ravvedo inoltre alcun riferimento ad una delle principali limitazioni che gli stessi ricercatori americani sottolineano apertamente nella loro pubblicazione, ovvero la mancanza della diagnosi istologica, tutt'ora standard di riferimento nella diagnosi di celiachia; non viene espresso, poi, un dato altrettanto importante: il 15% dei celiaci dello studio erano a dieta senza glutine, e questo potrebbe essere non poco rilevante ai fini dell'outcome (mortalità).
In aggiunta, mi sembra che la sua recensione non cita a dovere alcuni segni di malassorbimento riscontrati nella coorte celiaca: osteopenia/osteoporosi, ipoferritinemia; forse, per concentrare le sue argomentazioni sul concetto di mortalità, ha dimenticato diverse manifestazioni “non mortali” della celiachia si riflettano con prepotenza sulla qualità di vita.
Il mancato aumento di mortalità viene attribuito dagli autori anche alla ridotta obesità presente nei celiaci, come da lei giustamente, bensì in maniera strumentalizzata, sottolineato: il non essere obeso in quanto è presente un malassorbimento in atto non rappresenta certo una scelta libera di un individuo, come può essere invece seguire una dieta ipocalorica bilanciata.
In conclusione, alla luce di questo studio, se soggetti celiaci in età avanzata beneficino della dieta senza glutine potrebbe rimanere oggetto di alcune controversie, ma di sicuro questo elegante lavoro scientifico non può far trarre nessuna conclusione semplificatoria, avulsa dal contesto della ricerca scientifica evidence-based.
Lungi dalla medicina basata sull'evidenza spaventare ingiustamente i celiaci: obiettivo di tutta la comunità medica è vederci chiaro sui problemi di incalzante attualità, e stabilire delle linee guida per massimizzare il benessere psico-fisico dei pazienti.
Un’ultima parola la vorrei spendere poi a favore delle “Associazioni per la celiachia”, ingiustamente accusate da lei di non rasserenare i celiaci e le loro famiglie: solo i celiaci, infatti, possono riconoscere quanto l’operato dell’associazione, fatto di campagne d’informazione, supporto alla ricerca, battaglie istituzionali, ha contribuito a migliorare la loro qualità di vita e quindi la loro serenità.
Invitandola nei suoi futuri pamphlet "scientifici" a trattare gli argomenti più a 360 gradi, la saluto cordialmente.
Dr. Francesco Valitutti

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Neurologic and psychiatric manifestations of celiac disease and gluten sensitivity.
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/21877216

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Le sorprese della celiachia
Lo studio di una grave patologia di origine alimentare ha portato alla luce un processo che potrebbe essere alla base di molte malattie autoimmuni.

La celiachia è un disturbo autoimmune causato dall’ingestione di glutine, la principale proteina del grano, o da proteine simili presenti in altri cereali. Ricerche mirate a identificarne le cause indicano che il disturbo si sviluppa quando una persona esposta al glutine ha anche una suscettibilità genetica alla celiachia e una parete intestinale insolitamente permeabile. Sorprendentemente, sembra che questo terzetto – un innesco ambientale, una suscettibilità genetica e un «intestino permeabile» – sia alla base anche di altre malattie autoimmuni. La scoperta fa supporre che nuove terapie per la celiachia possano migliorare anche altri disturbi. Fonte

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Celiachia, rischio quadruplicato in 50 anni
Uno studio ha quantificato l'incremento della prevalenza della patologia grazie alla ricerca di alcuni specifici antigeni in campioni di sangue risalenti a mezzo secolo fa

Com'è noto, la celiachia è una patologia causata da un'abnorme reazione del sistema immunitario alla presenza di glutine nella dieta che ha assunto una sempre maggiore importanza per la prevalenza nella popolazione generale.

Ora una ricerca condotta presso la Mayo Clinic ne ha quantificato la diffusione: secondo i risultati pubblicati sull'ultimo numero della rivista “Gastroenterology”, la prevalenza del disturbo sarebbe quadruplicata rispetto a soli 50 anni fa. Inoltre, da un follow-up di 45 anni è emerso che i soggetti non consapevoli di essere celiaci hanno una mortalità qudruplicata rispetto ai soggetti sani.

"La malattia celiaca è divenuta assai più frequente negli ultimi cinque decenni, ma non sappiamo perché”, ha commentato Joseph Murray, gastroenterologo della Mayo Clinic che ha guidato la ricerca. "Ora abbiamo potuto stabilire che colpisce circa una persona su cento e che quando non è diagnosticata ha un notevole impatto sulla salute pubblica.”

Per arrivare al risultato i ricercatori della Mayo Clinic hanno analizzato campioni di sangue raccolti presso la Warren Air Force Base (AFB), nel Wyoming tra il 1948 e il 1954, andando alla ricerca dell'anticorpo che viene prodotto dai pazienti celiaci.

Hanno poi analizzato questi risultati alla luce di quelli raccolti recentemente nella contea di Olmsted County, nel Minnesota, confrontando i soggetti più giovani con un gruppo che aveva la stessa età 50 anni fa, e quelli più anziani con soggetti nati pressappoco negli stessi anni
e di cui sono disponibili i campioni ematici dell'AFB.

Si è così scoperto come nelle persone giovani il rischio d'insorgenza di celiachia è attualmente 4,5 volte maggiore rispetto di quello degli anni Cinquanta, mentre in quelle più anziane è aumentato di quattro volte rispetto alla prevalenza nei loro coetanei riscontrata allora.

"La celiachia è ancora poco diffusa ma non più rara”, ha commentato Murray. "Qualcosa deve essere successo nel nostro ambiente perché sia osservabile questo cambiamento. Fino al poco tempo fa l'approccio standard per diagnosticare la patologia era quello di aspettare che le persone che ne soffrivano parlassero col medico dei loro sintomi, il nostro studio ora suggerisce di considerare l'opportunità di uno screening nella popolazione generale, così come si fa per la misurazione dei livelli di colesterolo o per la pressione sanguigna.”

Inoltre, lo studio sottolinea la necessità di una maggiore consapevolezza sia tra i medici sia tra i pazienti.

"Il problema - ha proseguito il ricercatore - è che i sintomi della celiachia sono variabili e possono essere confusi con quelli di altre patologie più comuni, come per esempio la sindrome del colon irritabile: è possibile ipotizzare che per ciascun paziente con una diagnosi di celiachia ve ne siano altri 30 senza diagnosi. Considerato anche l'aumento della mortalità evidenziato dal nostro studio, occorre sensibilizzare i professionisti sanitari e il grande pubblico sui rischi di questa patologia.” (fc) Fonte

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Sviluppato al Gaslini un nuovo test per la diagnosi precoce della celiachia
http://assobiotec.federchimica.it/default/news/biotech-com/13-05-23/Sviluppato_al_Gaslini_un_nuovo_test_per_la_diagnosi_precoce_della_celiachia.aspx

I ricercatori dell’Istituto G. Gaslini in collaborazione con l’Università di Verona hanno sviluppato un test che nei soggetti geneticamente predisposti permette la diagnosi precoce di celiachia e può aiutare a diagnosticare i casi a sintomatologia atipica o silente.
Il professore Antonio Puccetti, ricercatore del Laboratorio di Immunologia Clinica e Sperimentale dell’Istituto Giannina Gaslini di Genova, in collaborazione con il professore Claudio Lunardi e la dottoressa Giovanna Zanoni dell’Università di Verona, ha pubblicato sulla rivista “Immunologic Research” i risultati di uno studio tutto italiano dove si dimostra che, nei soggetti geneticamente predisposti a sviluppare la celiachia, è possibile prevedere l’insorgenza della malattia mediante un’analisi del sangue prima del suo esordio e della positivizzazione dei test diagnostici classici.
I ricercatori dell’Istituto Gaslini e dell’Università di Verona avevano scoperto alcuni anni fa che l’infezione da Rotavirus può scatenare l’insorgenza della celiachia. I soggetti affetti da celiachia, ma non i soggetti sani, producono anticorpi diretti contro una particolare proteina del virus detta VP7.
In questo lavoro è stata studiata per diversi anni una casistica di oltre trecento bambini geneticamente predisposti a sviluppare la celiachia. Circa il dieci per cento dei soggetti analizzati ha sviluppato la malattia nel corso del follow up. I ricercatori hanno dimostrato che nel sangue di questi bambini erano presenti anticorpi diretti contro la proteina VP7 del Rotavirus, che comparivano anche dieci anni prima dell’insorgenza della malattia.
“Con una semplice analisi del sangue è oggi possibile prevedere l’insorgenza della malattia celiaca nei soggetti geneticamente predisposti con largo anticipo rispetto ai test diagnostici convenzionali” spiega il professor Antonio Puccetti del Laboratorio di Immunologia Clinica e Sperimentale del Gaslini.
“Il test sviluppato dal professor Puccetti e collaboratori dimostra una volta di più come spesso le ricerche del Gaslini abbiano una ricaduta pratica rilevante per la diagnostica avanzata delle malattie pediatriche” sottolinea il professore Lorenzo Moretta, direttore scientifico del Gaslini.
“Questo tipo di ricerca, di tipo traslazionale – aggiunge il professor Moretta - ha sempre caratterizzato l’attività scientifica del Gaslini, per tutti questi anni, ricordo a questo proposito che il Gaslini compie proprio oggi 75 anni dalla sua inaugurazione (che avvenne il 15 maggio 1938): la storia di una ricerca utile al malato coincide e sottende la lunga storia del Gaslini nelle sua eccellenza diagnostica, clinica, formativa e scientifica”.
“La diagnosi di celiachia oggi disponibile si basa sulla presenza nel sangue di particolari anticorpi diretti contro un enzima (Transglutaminasi) che agisce sul glutine, e su una biopsia eseguita con gastroscopia. Il nostro studio rappresenta quindi un importante passo avanti per una diagnosi precoce di celiachia e può essere particolarmente utile in caso di celiachia con sintomatologia atipica extraintestinale o nei casi di celiachia silente - chiarisce il prof. Lorenzo Moretta - ricordiamo che la celiachia è una patologia subdola, che può portare danni notevoli ad un organismo in accrescimento, pertanto una diagnosi precoce è di particolare rilevanza”.
[...]
Anticorpi Anti-Rotavirus e pazienti affetti da celiachia
I Rotavirus sono piccoli virus ricoperti da un involucro detto capside in cui è presente una proteina denominata VP7. “Abbiamo scoperto che i soggetti celiaci presentano anticorpi diretti contro un frammento della proteina Vp7 del Rotavirus e che questi anticorpi non sono presenti nei soggetti sani. Gli anticorpi diretti contro la proteina Vp7 del Rotavirus presenti nei soggetti celiaci riconoscono anche una proteina presente sulla superficie di tutte le cellule intestinali. Gli anticorpi anti-Vp7 interagendo con le cellule dell’intestino possono destabilizzare la barriera intestinale lasciando aperta una via di ingresso al glutine, contro il quale viene rivolta la risposta infiammatoria che tipicamente si sviluppa da parte del sistema immune dei soggetti celiaci” spiega Puccetti.

La celiachia richiede la presenza di geni predisponenti per potersi manifestare. Le persone che possiedono questi geni non necessariamente si ammalano, ma presentano un rischio maggiore di contrarre la malattia. “Ci siamo chiesti se fosse possibile mettere a punto un test che consenta di prevedere in anticipo l’insorgenza della celiachia per coloro che sono predisposti a svilupparla. Il diabete di tipo 1 predispone all’insorgenza della celiachia: abbiamo tenuto sotto controllo clinico oltre 350 bambini affetti da diabete di tipo 1 per un lungo periodo e circa il 10% di questi bambini hanno sviluppato la celiachia nel corso del tempo” racconta il professor Puccetti.

Un test efficace per la diagnosi precoce e le forme a sintomatologia atipica
“Durante lo studio, solo i bambini che si ammalavano di celiachia presentavano anticorpi diretti contro la proteina Vp7 del rotavirus. Abbiamo osservato che gli anticorpi anti-Vp7 comparivano diverso tempo prima dell’esordio della malattia e prima degli anticorpi anti-transglutaminasi che vengono utilizzati per la diagnosi della celiachia. Abbiamo quindi messo a punto un test semplice e di facile esecuzione per prevedere l’insorgenza della malattia celiaca nei soggetti geneticamente predisposti” spiega il professor Antonio Puccetti.
Questo test si basa sulla determinazione nel siero di anticorpi diretti contro la proteina VP7 del Rotavirus, è positivo prima dell’esordio della malattia e prima della comparsa degli anticorpi anti-transglutaminasi. “Il test realizzato al Gaslini si può eseguire con una semplice analisi del sangue, al momento è disponibile solo presso il nostro laboratorio di ricerca, ma potrebbe diventare in tempi brevi un kit diagnostico commerciale. Il test infatti è stato messo a punto in un formato che è facilmente adattabile anche a scopi commerciali” conclude Puccetti.

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Terapia enzimatica orale per malattia celiaca
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC3382113/ 2012
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La malattia celiaca è una malattia infiammatoria dell'intestino tenue causata dal glutine e trattati con l'adesione ad una dieta permanente priva di glutine. La recente identificazione di peptidi immunodominanti glutine, la scoperta delle loro proprietà convincenti, e la spiegazione dei meccanismi con cui si generano immunopatologia in individui geneticamente suscettibili hanno avanzato la nostra comprensione della patogenesi molecolare di questa malattia complessa, che consente la progettazione razionale di nuovi strategie terapeutiche. La clinicamente più avanzati di questi è la terapia enzimatica orale, in cui gli enzimi capaci di proteolizzare il glutine (cioè glutenases) vengono consegnati al tubo digerente di un paziente con malattia celiaca per disintossicare il glutine ingerito in situ. In questo capitolo, discuteremo le sfide fondamentali per la scoperta e lo sviluppo preclinico di terapie enzimatiche orali per malattia celiaca. Metodi per l'identificazione di piombo, sviluppo di analisi, produzione grammo scala e la formulazione e ottimizzazione di piombo per la proteasi di nuova generazione sono descritti e valutati criticamente.

La medicina ha fatto così tanti progressi che ormai più nessuno è sano. Huxley | La persona intelligente è quella, e solo quella, che riesce a mettere insieme più aspetti della realtà ed è capace di trovare tra di essi una correlazione. C.Malanga


   
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Dodo
 Dodo
(@dodo)
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Vorrei scrivere qui il mio modesto pensiero sulla pasta ed indirettamente sul glutine. Io ho vissuto mangiando pasta, almeno 1 volta al giorno, ma anche 2 e se non si mangiava pasta allora era una piadina o una pizza, ma il grano non è mai mancato. Non sono perfetto in salute, ho avuto contenute allergie ai pollini primaverili (c'è chi soffre di gravi crisi d'asma, chi si riempie di bollicine... livelli tanto gravi non li ho mai raggiunti), però con gli anni (ora ne ho 26) sono migliorato molto e la pasta ha continuato ad essere sempre presente. Mi sono beccato le varie influenze stagionali che sono circolate, però adesso (sono a Roma dove il clima è per me mite anche di inverno) sono 4 anni che al massimo mi viene un vago raffreddore o irritazione alla gola (in genere col cambio di stagione andando verso il freddo), ma sono passati sempre in pochi giorni e non ho dovuto prendere nulla per farmele passare ed in questi 4 anni la pasta (salvo una prova di neanche un mese mi pare, ho resistito poco...) l'ho sempre mangiata. Attualmente vado in bagno regolare, non ho problemi di emorroidi (in passato ho avuto qualche disturbo, ormai è tanto che non ho più nulla, in particolare da quando consumo regolarmente olio di oliva), le feci sono ben formate, quando mangio (purché lo faccia con appetito) mi sento poi in energia.

Ho notato che quando per diversi giorni di fila (è capitato...) mi ritrovo a mangiare quasi solo pasta, le feci diventano un po' dure e fin troppo compatte, sicuramente per mancanza di fibra. Infatti, di recente ho deciso di mangiare quasi solo pasta integrale, è molto più ricca di nutrienti e le fibre aiutano l'intestino a funzionare bene ed evitare che troppa pasta risulti... vogliamo dire "intasante"? diciamo così...

Io credo di rientrare in quel 99% di persone [ricordo uno studio dell'Università di Firenze, mi pare, che con nuovi metodi di diagnosi vide che l'1% delle persone aveva problemi con il glutine, ma sfumati, ovvero per tanti possono insorgere dopo decenni i problemi, altri sono subito così gravi che vengono considerati celiaci, ma c'è questa sfumatura in cui però non tutti sono coinvolti] che non hanno alcun problema con il glutine, nemmeno intolleranza, perché altrimenti non mi troverei così bene con la pasta (che preferisco integrale, anche se questa devo iniziare a mangiarla regolarmente e vedere come va).

Mi rendo conto che per chi sostiene la paleodieta, quanto dico suona a dir poco eretico. Però, vorrei lasciare un paio di considerazioni. La prima è che l'alimentazione umana mondiale è fondata sui cereali, non si tratta di valutare un integratore o un alimento come il latte il cui consumo è fortemente differenziato nel mondo e più adatto al climi rigidi, parliamo di un gruppo di alimenti millenari, è comprensibile che la raffinazione moderna delle farine di grano possa creare problemi (ci sarebbe anche la questione del grano creso...), ma almeno la pasta integrale non penso risulti dannosa, almeno non per una larga parte di persone (forse la maggior parte come sembra essere). La seconda considerazione è che ho riflettuto sul fatto che la nostra dieta dovrebbe somigliare molto a quella del paleolitico perché il DNA evolve molto più lentamente della cultura (che include le abitudini alimentari), però nel corso di migliaia di anni quante carestie, adattamenti al cibo povero che c'era, elevatissima mortalità infantile se non si era adatti al cibo disponibile, ci sono state? ovviamente proprio tante; e questo ha certamente accelerato la selezione genetica a vantaggio di cibi tipici del neolitico in avanti. Probabilmente la forte variabilità di alleli, di popolazioni in diverse regioni della Terra, mescolamenti tra popoli dovuti a migrazioni e conquiste, ha creato un quadro fortemente differenziato, da chi mangia pasta senza alcun tipo di problema per tutta la vita al celiaco, da chi soffre di favismo e a chi non ne soffre, da chi sta male con un bicchiere di latte a chi senza si sente mancare qualcosa di importante se non lo beve tutte le mattine.

Io penso di non avere problemi con la pasta, perché sarebbero venuti fuori altrimenti, penso anche che l'impresa realmente difficile, quando si indaga l'alimentazione umana, è questa notevole variabilità soggettiva.


   
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Tropico
(@tropico)
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Alterata espressione dei recettori cannabinoidi tipo 1 e 2 nella malattia celiaca
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC3631143/ 2013
traduzione google
L'anandamide (AEA) è il membro di spicco della famiglia degli endocannabinoidi e la sua azione biologica è mediato attraverso il legame sia di tipo 1 (CB1) e tipo 2 (CB 2) i recettori dei cannabinoidi (CBR). La presenza di AEA e CBR nel tratto gastrointestinale evidenziato il ruolo fisiopatologico in numerose malattie intestinali, compresa la malattia celiaca. Qui, abbiamo voluto indagare l'espressione di CBR a livello trascrizionale e traslazionale nella mucosa duodenale di pazienti celiaci non trattati, i pazienti celiaci con una dieta priva di glutine per almeno 12 mesi e soggetti di controllo. Biopsie anche da pazienti celiaci trattati in coltura ex vivo con digest peptica-trittico di gliadina sono stati studiati. I nostri dati mostrano livelli più elevati di recettori sia CB 1 e CB 2 durante la malattia attiva e livelli normali CBR nei pazienti celiaci trattati. In conclusione, abbiamo dimostrato un up-regolazione di CB 1 e CB 2 mRNA e l'espressione della proteina, che punta al potenziale terapeutico di colpire CBR in pazienti con malattia celiaca.


La cannabis può attenuare la celiachia: uno studio lo dimostra
Negli stati dove la marijuana a uso terapeutico è consentita, la sostanza è già utilizzata dai celiaci contro i disturbi intestinali. Una ricerca dell'Università di Teramo ne dimostra i benefici
http://www.infoceliachia.com/197/la-cannabis-puo-curare-la-celiachia-uno-studio-lo-dimostra.html

Le testimonianze dei celiaci che fanno uso di cannabis: 'Mi sono curato'

«Ho fatto uso di cannabis per sei mesi consecutivi, e i miei sintomi della celiachia sono completamente svaniti», aggiunge Matteo Distefano, tra i pazienti che si sono sottoposti alla ricerca. «Il beneficio si è infatti esteso ai miei disturbi permanenti: mi sono sottoposto a esami endoscopici e questi hanno dimostrato che la mia anemia e la mia carenza di proteine, ferro e calcio erano scomparsi. In sostanza, mi ero curato».

La medicina ha fatto così tanti progressi che ormai più nessuno è sano. Huxley | La persona intelligente è quella, e solo quella, che riesce a mettere insieme più aspetti della realtà ed è capace di trovare tra di essi una correlazione. C.Malanga


   
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nataku
(@nataku)
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be si la cannabis è risaputa essere eccezionale per tutto cio che riguarda l'apparato gastroenterico, e anche nei livelli superiori legati a questo apparato(la fame)


   
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