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I carboidrati complessi: in Toscana si cucinavano cereali già 30mila anni fa

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(@andrea)
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I carboidrati complessi: in Toscana si cucinavano cereali già 30mila anni fa.

La scoperta di macine preistoriche rivoluziona quanto si sapeva sulla «paleo-dieta» tra gallette preistoriche e zuppe nutrienti

Siamo in un giorno imprecisato di circa 30mila anni fa, a Bilancino, fra le colline di quello che oggi chiamiamo Mugello, in Toscana. Un Homo sapiens sapiens, simile a noi come aspetto, sta riducendo in polvere le radici di una pianta di palude che cresce rigogliosa nei dintorni, la "Tifa": la farina che otterrà potrà essere facilmente conservata e trasportata e servirà per preparare l'impasto di una "galletta" preistorica o una zuppa molto nutriente, ricca di carboidrati complessi. Le due piccole pietre di arenaria che quell'uomo del Paleolitico superiore ha usato per macinare le radici sono rimaste sepolte fino a poco tempo fa, quando sono state rinvenute da un gruppo di archeologi dell'Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria. A prima vista sembravano due pietre qualsiasi ma Anna Revedin e Biancamaria Aranguren, le due ricercatrici responsabili dello scavo, si sono accorte che non era così osservandone la forma e gli avvallamenti, che indicavano tracce d'uso: si trattava infatti di una primitiva macina e di un macinello, e l'analisi degli amidi trovati sulle pietre ha svelato che la pianta usata per dare la farina era appunto la Tifa palustre. Prima di questa scoperta nessuno sospettava che l'uomo primitivo fosse in grado già 30mila anni fa di trasformare i vegetali selvatici in prodotti "raffinati", si credeva che i carboidrati complessi fossero stati introdotti nella dieta umana circa 20mila anni dopo, nel neolitico, con l'arrivo dell'agricoltura e dell'allevamento.
Il ritrovamento ha perciò "ridisegnato" l'evoluzione dell'alimentazione umana, che ha sempre avuto un'enorme influenza sull'evoluzione delle capacità e della vita sociale dell'uomo. Inizialmente l'uomo si nutriva della carne delle carogne, raccoglieva tuberi, radici, bacche, frutta, uova e catturava soltanto piccoli animali, come tartarughe o molluschi. Poi, circa un milione di anni fa, imparò a costruirsi armi più efficaci e poté cacciare animali più grandi, diventando più robusto e forte. «Un passaggio importantissimo fu l'uso del fuoco per cuocere la carne, attorno ai 500mila anni fa: la cottura rende la carne più digeribile e riduce l'energia necessaria ad assimilare i nutrienti, questo ha costituito un vantaggio evolutivo enorme», spiega Anna Revedin, ricercatrice all'IIPP. Lo conferma uno studio apparso di recente sulla rivista PNAS, secondo cui il passaggio dalla carne cruda a quella cotta ha consentito all'uomo preistorico di ottenere più facilmente energia dalla dieta, aprendo la strada a un rafforzamento del fisico e al miglioramento delle capacità cerebrali. Di certo, come scrive l'antropologo Richard Wrangham che ha condotto la ricerca, «Se vogliamo capire le caratteristiche anatomiche, fisiologiche e comportamentali di una qualsiasi specie animale, uomo compreso, dobbiamo guardare alla sua dieta». Imparare a macinare piante selvatiche e ricavarne farine significò, ad esempio, avere un prodotto ricco di carboidrati complessi, nutriente e facile da trasportare: una svolta per l'uomo preistorico, che poteva così affrancarsi per lunghi periodi dalla necessità della caccia, sopravvivendo meglio anche a mutamenti climatici e ambientali sfavorevoli. «La scoperta, oltre a svelare che le attività di raccolta e trasformazione di cibi vegetali avevano un ruolo importante quanto la caccia, dimostra che in Europa c'erano le competenze e le tecnologie per sfruttare l'agricoltura ben prima del suo avvento - spiega Revedin -. Quando l'uomo ha iniziato a coltivare i campi e allevare gli animali tutto è cambiato: da una struttura corporea robusta, necessaria per affrontare la caccia dei grossi animali, si è passati a un fisico più impoverito. L'uomo del neolitico mangiava meno carne, era in balia delle carestie; inoltre, vivendo in gruppi stanziali più numerosi per coltivare le terre, era più soggetto alla diffusione di malattie. La possibilità di fare scorte di cibo maggiori e conservare prodotti raffinati come le farine, unita alla maggiore sedentarietà, ha però contribuito all'incremento demografico». Secondo molti ricercatori l'uomo tuttavia non si è ancora completamente adattato all'agricoltura, e la prova sarebbe nell'attuale diffusione di intolleranze ad alimenti sconosciuti prima del neolitico: l'intolleranza al glutine dei cereali, ad esempio, o quella al lattosio del latte di animali da allevamento.

Sull'argomento c'è grande dibattito. «Certo è che lo studio delle abitudini alimentari degli uomini preistorici non è fine a se stesso ma può avere implicazioni importanti per l'uomo moderno, che dovrebbe capire meglio come è fatto e a che cosa è "più adatto" - osserva l'archeologa -. Probabilmente l'evoluzione culturale è stata più veloce di quella genetica e non siamo riusciti, o almeno non del tutto, ad adattare la nostra fisiologia alla nuova dieta ricca di cereali e carni e latte di animali d'allevamento: la carne della selvaggina cacciata dai nostri antenati più lontani, ad esempio, è ben diversa da quella ottenuta da mucche, capre o pecore allevate nei pascoli con metodi industriali. Non è perciò un caso se da qualche tempo ha preso piede la "paleodieta" che suggerisce di tornare, nei limiti del possibile, a un'alimentazione più simile a quella dell'uomo preistorico per la quale saremmo geneticamente più adattati». Si tratterebbe, in sostanza, di mangiare carni magre (meglio ancora la selvaggina) e tutto ciò che Madre Natura offriva prima che cominciassimo a coltivare i cereali: bacche, frutta fresca e secca, verdura soprattutto cruda, niente zuccheri, farine, cereali raffinati o a maggior ragione cibi industriali. Non facile da seguire, va detto. Revedin, che ha provato su se stessa una dieta più vicina a quelle "del cavernicolo", afferma: «Non si può certo vivere come 40mila anni fa, ma si può "temperare" la nostra dieta con suggerimenti presi da allora: nel mio caso ridurre drasticamente i carboidrati, mangiare carni magre provenienti da allevamenti meno intensivi e muoversi di più ha avuto un effetto indubbio di miglioramento del benessere. Non dico di eliminare i cereali, ma forse può essere opportuno limitarne l'uso o magari cercare fonti di carboidrati alternative che non siano gli attuali grani ricchi di glutine». Le gallette di Tifa pare siano buonissime: le ricercatrici hanno seccato le radici, le hanno macinate e poi con la farina hanno preparato gallette su focolari simili a quelli che usava l'uomo preistorico. Il risultato, dicono, è gradevole. «Dalla dieta dei nostri antenati possiamo prendere spunti per non dimenticare le nostre origini e ritrovare un rapporto più equilibrato con il nostro corpo e con l'ambiente», conclude Revedin.

http://www.corriere.it/salute/nutrizione/11_dicembre_13/cereali-toscana_910cf63a-2182-11e1-97f3-fb4c853f7d5d.shtml


   
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gianlnicc
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Bene, un altro tassello.

Io sono quel che sono e questo è tutto quel che sono

Popeye the sailor man


   
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gianlnicc
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Chissà che pianta è sta tifa (sarà un amido sicuro tipo manioca immagino).
Qualcuno ha trovato informazioni più dettagliate?

Io sono quel che sono e questo è tutto quel che sono

Popeye the sailor man


   
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Tropico
(@tropico)
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CONFERENZA - ISTITUTO ITALIANO DI PREISTORIA E PROTOSTORIA -XVIII settimana per la cultura scientifica-
A tavola non s'invecchia! Una farina di 30.000 anni fa in Mugello
Biancamaria Aranguren - Soprintendenza per i Beni Archeologici per la Toscana
Marta Mariotti Lippi - Dipartimento Biologia Vegetale Università di Firenze
Anna Revedin - Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria

Cosa mangiavano i nostri più antichi progenitori di 30.000 anni fa?
Una recente scoperta effettuata in un insediamento preistorico, scavato negli 1995-96 dalla Soprintendenza Archeologica della Toscana in collaborazione con l’Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria a Bilancino in Mugello, cambia lo scenario sulla dieta degli uomini del Paleolitico.
E’ infatti opinione corrente che le popolazioni nomadi di cacciatori-raccoglitori del Paleolitico superiore fossero essenzialmente carnivore.
Il rinvenimento a Bilancino di un macina e di un macinello-pestello datati al C14 a 30.000 anni fa e la presenza su di questi di granuli di amido, rappresentano la più antica testimonianza diretta non solo dell’uso alimentare delle piante ma soprattutto di una vera e propria ”ricetta” per la preparazione di un cibo di origine vegetale.
Grazie alle analisi, condotte fra il 2005 e il 2007 dal Dipartimento di Biologia Vegetale dell’Università di Firenze , sono stati identificati in particolare amidi di varie piante ma soprattutto di Typha sp, detta stiancia o mazza sorda.

La Tifa è una pianta palustre molto comune e molto utile: dalle foglie si ricavavano fino a pochi anni fa fibre per l’intreccio di corde, stuoie e “sporte” ecc., mentre i rizomi erano utilizzati a scopo alimentare in molti paesi extra-europei.
Gli archeologi hanno voluto sperimentare direttamente la preparazione di un cibo fatto con farina di tifa, raccogliendo i rizomi, seccandoli, macinandoli ed infine preparando e cuocendo delle “gallette” di tifa su di un focolare ricostruito come quello scoperto negli scavi di Bilancino, con un risultato di gusto gradevole

Le implicazioni di questa scoperta sono sotto molti aspetti rivoluzionarie: per la prima volta l’uomo aveva a disposizione un prodotto elaborato facilmente conservabile e trasportabile, ad alto contenuto energetico perché ricco di carboidrati complessi, che permetteva di avere maggiore autonomia soprattutto in momenti critici dal punto di vista climatico e ambientale. Inoltre l’abilità tecnica necessaria per la produzione di farina e quindi per preparare un cibo, tipo gallette o una farinata, non risulta più legata allo sfruttamento intensivo dei cereali nel Medio Oriente e alla conseguente nascita dell’agricoltura nel Neolitico, ma era già acquisita in Europa da lungo tempo.
Le ricerche interdisciplinari, che hanno coinvolto numerosi specialisti, hanno permesso di delineare la storia di Bilancino: si tratta di un accampamento stagionale di 30.000 anni fa che veniva frequentato nel periodo estivo per la raccolta e la lavorazione delle erbe palustri; è stato possibile ricostruire l’organizzazione interna dell’insediamento, identificando focolari, capanne, spazi adibiti alle attività quotidiane (preparazione del cibo, lavorazione delle pelli) e ad attività specifiche (lavorazione delle piante palustri, produzione di strumenti in pietra) e infine spazi dedicati all’accumulo di rifiuti (!).
http://www.iipp.it/wp-content/ComunicatoFarina.pdf

La medicina ha fatto così tanti progressi che ormai più nessuno è sano. Huxley | La persona intelligente è quella, e solo quella, che riesce a mettere insieme più aspetti della realtà ed è capace di trovare tra di essi una correlazione. C.Malanga


   
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Tropico
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Cosa mangiavano i nostri progenitori più di 30.000 anni fa?
Di questo tema tanto attuale, per tutte le implicazioni sulla moderna alimentazione e anche sui suoi vizi e controindicazioni, se ne occupa addirittura la rivista PNAS che questa settimana esce con un articolo dedicato alla paleonutrizione.
La ricerca è il risultato di un progetto di ricerca che Anna Revedin coordina per l’Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria (IIPP), con la collaborazione di molti studiosi italiani e stranieri.
Tutto è iniziato con la scoperta di un insediamento preistorico, scavato da Biancamaria Aranguren della Soprintendenza Archeologica della Toscana in collaborazione con l’IIPP a Bilancino in Mugello.
Lo scavo aveva restituito, tra gli altri, due strani pezzi di arenaria, banali sassi per la maggior parte degli archeologi…

Immagine - 1 - Foto della macina e macinello scoperti a Bilancino

In realtà si trattava di una macina e di un macinello (Immagine 1), subito riconosciuti dalle due ricercatrici, tanto che non li avevano lavati e avevano raccolto anche il sedimento attorno ai reperti.
I reperti sono stati portati in laboratorio e tra il 2006 e il 2009 si è cominciato il lungo lavoro di analisi: tracce d’uso studiate da Laura Longo dell’Università di Siena, mentre dell’estrazione degli amidi e del loro riconoscimento se ne sono occupati Marta Mariotti Lippi e Roberto Becattini dell’Università di Firenze, che hanno individuato amidi di Typha, una pianta palustre, di cui rizoma ne è ricco.

Immagine - 2 - Typha Latifolia ©BioLib

Questo, una volta essiccato, si può facilmente macinare, come ha dimostrato la sperimentazione condotta per questo studio.
Questa scoperta cambia lo scenario delle conoscenze sulla dieta degli uomini del Paleolitico.
Infatti già 30.000 anni fa avevano imparato a trasformare le risorse vegetali, ancora fornite da essenze selvatiche, in farine.
Queste potevano così essere conservate, trasportate e successivamente trasformate in un impasto da cuocere su pietre arroventate.
Dopo questa prima scoperta, nel sito di Bilancino, il progetto ha analizzato altri reperti analoghi, provenienti dai siti coevi di Pavlov VI, nella Repubblica Ceca, scavato da Jiri Svoboda, e Kostenki 16-Uglianka nella pianura del Don in Russia, area famosa per aver restituito le veneri preistoriche, capolavori d’arte intagliati nell’ avorio delle zanne dei mammuth lanosi.
Anche su alcune di queste pietre si notava un leggero avvallamento, dove veniva fatta la pressione e operato lo sfregamento dei rizomi e delle radici questa volta di Botrichyum, una felce che si trova nei dintorni del fiume Don, come hanno confermato gli studi paleobotanici del gruppo di ricerca coordinato dal russo Andrey Sinitsyn.

Al gruppo interdisciplinare si è aggiunto anche un nutrizionista, Emanuele Marconi dell’Università del Molise, che sottolinea come fosse “importante l’apporto dei carboidrati nella dieta prevalentemente carnea di questi nostri antenati”

Immagine - 3 - Mappa europea dei siti

Gli archeologi hanno voluto sperimentare direttamente la preparazione di un cibo fatto con farina di tifa, raccogliendo i rizomi, seccandoli, macinandoli ed infine preparando e cuocendo delle “gallette” di tifa su di un focolare ricostruito come quello scoperto negli scavi di Bilancino, con un risultato di gusto gradevole “Le abbiamo fatte durante la sperimentazione e sono buonissime” conferma A. Revedin, con grande soddisfazione per il risultato raggiunto.

Le implicazioni di questa scoperta sono sotto molti aspetti rivoluzionarie: per la prima volta l’uomo aveva a disposizione un prodotto elaborato, facilmente conservabile e trasportabile, ad alto contenuto energetico perché ricco di carboidrati complessi, che permetteva di avere maggiore autonomia soprattutto in momenti critici dal punto di vista climatico e ambientale.
Inoltre l’abilità tecnica necessaria per la produzione di farina e quindi per preparare un cibo, tipo gallette o una farinata, non risulta più legata allo sfruttamento intensivo dei cereali, iniziato in Medio Oriente con la conseguente nascita dell’agricoltura nel Neolitico, ma era una conoscenza e una pratica già acquisita in Europa da lungo tempo.
Le ricerche interdisciplinari, che hanno coinvolto numerosi specialisti, hanno permesso di delineare le attività che si svolgevano negli accampamenti di 30.000 anni fa, probabilmente legati a lavorazioni stagionali connesse al periodo per la raccolta e la lavorazione delle erbe palustri tra la fine dell’estate e l’autunno.
Le implicazioni della ricerca, che coniuga e integra metodologie e approcci molto diversi tra loro, sono anche legate al significato che la dimostrazione di una tale antichità del metabolismo dei carboidrati complessi nell’Uomo anatomicamente moderno può avere.
Infatti è ora chiaro che il processo di adattamento fisiologico, che ha poi permesso di utilizzare, in modo sistematico a partire dal Neolitico una dieta mano a mano sempre più glucidica, è iniziato molto tempo prima di quanto ci dicessero le fonti archeologiche finora riconosciute.
E chissà che il proseguo di questi studi non possa dire una parola anche sulle allergie alimentari oggi riscontrabili in una percentuale significativa della popolazione.
Un altro esempio di come la ricerca di base, oggi tanto bistrattata, sia importante perchè prodromo a futuri sviluppi e implicazioni anche di applicazione pratica e di miglioramento delle condizioni di vita di oggi.
Sitografia: BioLib - Typha Latifolia, Flora von Deutschland Österreich und der Schweiz (1885) - http://caliban.mpiz-koeln.mpg.de/thome/band1/tafel_044.htm
Bibliografia: Thirty thousand-year-old evidence of plant food processing - http://www.pnas.org/cgi/doi/10.1073/pnas.1006993107
Fonte

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Tropico
(@tropico)
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Infatti è ora chiaro che il processo di adattamento fisiologico, che ha poi permesso di utilizzare, in modo sistematico a partire dal Neolitico una dieta mano a mano sempre più glucidica, è iniziato molto tempo prima di quanto ci dicessero le fonti archeologiche finora riconosciute.

Perchè qualcuno metteva in dubbio che l'uomo già nel palolitico non mangiasse tuberi e radici? La scoperta più che altro è nella riduzione in farine facilmente trasportabili e trasformabili, ma credo anche digeribili dato che quelle radici a prima vista sembrano un poco legnose.
Per quel che mi riguarda la mia paleo adattata prevede già amidi quindi è una conferma 🙂
Quel che più mi preme, invero, è capire come già sospettavo, che l'uomo paleolitico non mangiasse ogni santo giorno proteine su proteine derivate dalla caccia, attività dispendiosa e pericolosa.
Comunque i tempi erano quello che erano, e le nicchie evolutive pure. Difficile fare raffronti diretti con oggi. Perciò essendo la carne motore della nostra evoluzione, in special modo anche quella cotta che risulta essere più digeribile e con resa energetica superiore, non mi stupisce che anche mangiata tutti i giorni comporti benefici di prestanza e salute.

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(@biker40)
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Si, ma, se affamato, dovendo scegliere tra una carcassa putrefatta o (usando un paradosso) un piatto di spaghetti allo scoglio cucinati da Vissani, avrebbe mangiato certamente la carcassa putrefatta in quanto più ricca di nutrienti.
L'istinto non era ancora contaminato come il nostro.
Sono convinto che anni di alimentazione ricca di cereali ci lascia un imprinting tale che è davvero difficile per tutti distaccarsene completamente.
Lo dico perchè anche io, di tanto in tanto, ne sento necessità e li mangio.
Non per questo dico che fanno bene e siano da alternare alle carni.

Infine mi piacerebbe sapere, premesso sia vera questa notizia:
- quanti cereali mangiasse l'uomo del paleolitico (risposta: quantità infinitesimali se rapportate al resto e stagionalmente)
- quanti uomini del paleolitico usavano queste tecniche di macinatura (risposta: pochissimi potevano aver scoperto ed usato queste tecniche, non c'era internet o la TV che informava, al massimo si poteva tramandare da padre in figlio ma difficilmente da tribù a tribù in quanto, primo erano distanti e secondo spesso in conflitto per il territorio di caccia).

Poi volete un appiglio per mangiare cereali ed amidi? Fate pure.

Saluti.


   
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Tropico
(@tropico)
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Idee condivisibili ma a me non serve un appiglio, l'introduzione di amidi da patate e riso con una certa razionalità mi hanno fatto stare meglio e più energico, lo faccio da più di un anno senza che ricopiassi la perfect healt o la paleo per atleti, seguo semplicemente quello che le prove empiriche sulla mia persona hanno dato risultati migliori.
Ciononostante una base paleo per me resta valida, l'incursione di amidi alla fine era presente in questa nicchia evolutiva di sapiens, ma non possiamo sapere con che frequenza e che quantità, sappiamo solo che ne facevano uso. Il resto sono possibili interpretazioni. Ripetendomi, non è manco tutta questa novità, era noto che mangiassero radici e tuberi.
Puoi anche scommetterci che useranno questa notizia per avvalorare l'infondatezza della paleo per giustificare una dieta ad alto contenuto di amidi e cereali.
Io ci leggo che di tanto in tanto mangiavano tuberi e radici e qualche cereale selvatico che incontravano nel cammino, la scoperta dell'acqua calda.

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gianlnicc
(@gianlnicc)
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Mah...
io invece ci leggo che a forza di piccoli passi e correzioni la paleo originaria di Cordain non può più definirsi tale...
al limite regime Cordain!
grassi saturi e amidi mi sembrano un ribaltamento delle premesse di una teoria che ha avuto molta fortuna commerciale... ma alla fine poco riscontro sul campo...
io la prendo come basespunto per elaborazioni di regimi alimentari attualmente in divenire.

Io sono quel che sono e questo è tutto quel che sono

Popeye the sailor man


   
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crixus
(@crixus)
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Nella EVO i tuberi sono concessi saltuariamente.
Poi secondo me, i nostri avi non penso arrivassero a consumare quantità croniche di cereali, ma un consumo irrilevante, che non può causare gli effetti dannosi di un consumo quotidiano

“Adaptability is probably the most distinctive characteristic of life.”
— Hans Selye


   
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Tropico
(@tropico)
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Piccoli passi e correzioni sono segno di apertura mentale nonché onestà intellettuale.
Come tutte le scienze, le teorie si rivedono, si ampliano, si correggono con nuovi studi,scoperte e prove.
E non mi sembra che la paleodieta sia diventata un'altra cosa rispetto alle origini, scusa gianlnicc ma si vede che ti sta sulle balle la paleodieta e questo vizia il tuo giudizio a mio parere.
Pur non seguendola al 100% cerco di rimanere obiettivo.
Il ribaltamento non ce lo vedo sinceramente, perchè ripetendomi per l'ennesima volta, radici e tuberi amidacei era già presenti nella dieta paleolitica.
La novità sta forse nella trasformazione in farina trasportabile.
Anche io ho dei legittimi dubbi su tale regime dietetico come ad esempio la disponibilità proteica abbondante quotidiana, ma per questo non dico che sia solo una trovata commerciale.
La trovata commerciale la stanno sfruttando altri come ad esempio Tozzi, ma prima ci sono state molte persone che l'hanno provata.
Come temevo, questo studio verrà preso come spunto per dare contro la paleo tout court.
Mi ritrovo a difendere la paleo io che ne sono nel frattempo anche critico...

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(@biker40)
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Non è uno studio ma una scoperta.
In ogni caso sono convinto che se in Toscana hanno trovato sto macinino non è detto che a 100 km di distanza altri uomini paleo conoscessero queste tecniche.
Oltretutto e ripeto convinto, nessuno mi può venire a dire che i cereali li potessero mangiare tutto l'anno visto che l'agricoltura non esisteva e i cereali antichi selvatici producevano pochissimi chicchi... Infine non metto in dubbio che sia vera la scoperta. Anzi conferma che piccolissime (ripeto PICCOLISSIME) quantità di cereali possono essere tollerate saltuariamente. Stesso dicasi per i tuberi.
Del resto lo stesso Cordain dice che la paleo funziona bene anche se seguita per il 90-95%.
Pertanto congruente a quanto scritto sopra.
Saluti.


   
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 Muso
(@muso)
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Secondo me il fatto che sia stato trovato questo macinino non dimostra che piccole quantità di cereali possano essere tollerate senza problemi, bensì che quel gruppo di persone ne faceva uso.
Inoltre i primi sapiens mi pare esistessero ben 195 000 anni fa, 30 000 anni non sono poi molti, il fatto che piccole-grandi quote di cereali possano essere tollerate può venir dimostrato solo dall'esperienza non da una scoperta come questa.
Sui tuberi, la quantità di frutta e di proteine consumate il discorso rimane aperto.


   
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fabio meloni
(@fabietto)
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Tra l'altro, dagli esami degli amidi ritrovati sul macinino, si parla non di cereali ma di rizoma essicato di Tifa palustre. Sono sicuro che tra un po' su Myprotein si venderà, come super integratore, la polvere di Tifa Palustre®™:asd:

La forma è anche sostanza. Chi veicola un messaggio non può essere estraneo al suo contenuto. Tropico - Chi è musone e triste non riesce a tener lontano la malattia. Tonegawa - Le testimonianze vere di gente normale valgono più di tante elucubrazioni teoriche. Francesca F.C.


   
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(@andrea)
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Sono sicuro che tra un po' su Myprotein si venderà, come super integratore, la polvere di Tifa Palustre®™:asd:

:lol::lol::lol:


   
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crixus
(@crixus)
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Vabb3 si è capito che sicuramente non mangiavano pasta o riso tutti i giorni

“Adaptability is probably the most distinctive characteristic of life.”
— Hans Selye


   
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