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La dieta ipotossica o ancestrale di Jean Seignalet

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Dieta ipotossica (o ancestrale) di Jean Seignalet

Alimentazione ancestrale ed alimentazione moderna

La dieta in questione è stata elaborata dal dottore francese Jean Seignalet, il quale ha avuto il notevole vantaggio di operare prima come medico dal 1959 al 1968, poi come biologo dal 1968 al 1983, nel campo dell’immunologia e della genetica, mantenendo comunque qualche attività clinica, per poi ritornare dal 1983 al 2003 al lavoro di medico, continuando gli studi in biologia.
Ciò gli ha permesso di sviluppare una visione decisamente più globale sulla condizione dell’uomo e delle sue malattie rispetto ad un medico o ad un biologo, in più egli dedicava due giorni alla settimana alla lettura di articoli medici nella maggior parte dei settori delle medicina (dietetica compresa) ed in diversi settori della biologia, dando risalto alla fisiologia cellulare ed all’intestino tenue.
Seignalet ritiene che l’ “ignoranza” della medicina sulla patogenesi di numerose malattie derivi dalla specializzazione sempre più ristretta dei medici, resasi necessaria dalla complessità sempre più crescente della medicina, ed è questa visione parziale che impedisce loro di raggiungere una concezione globale del problema.
Egli asserisce che le riflessioni nate dalle sue letture didattiche e l’esperienza maturata grazie alla sua quarantennale attività professionale, gli hanno permesso di formulare delle ipotesi sulla patogenesi di numerose malattie considerate fino ad oggi in parte o completamente inspiegabili, molte delle quali rispondono positivamente al passaggio del paziente dalla sua dieta precedente a quella ipotossica, con un miglioramento che va da almeno il 50% a remissioni complete dei sintomi. Seignalet parla di remissioni e non di guarigioni, in quanto asserisce che l’abbandono della dieta ipotossica viene generalmente sancito dalla ripresa dei sintomi della malattia nell’arco di poche settimane o mesi.
A livello pratico le affermazioni dei successi ottenuti dalla sua dieta sono attestati da pazienti volontari, seguiti trimestralmente il primo anno ed in modo più distanziato gli anni successivi.

Le sue teorie sono racchiuse nel libro “L’alimentazione, ovvero la terza medicina”, arrivato alla quinta edizione nel 2003, anno del decesso dell’autore, e pubblicato in Italia quattro anni dopo.
Come già capitato ad altri autori che hanno proposto teorie “rivoluzionarie”, spesso non in linea con i dettami della medicina ufficiale (e che ledono interessi economici consistenti, legati a vendite di farmaci etc.), Seignalet viene considerato da alcuni un ciarlatano, infatti si trovano vari articoli in rete in cui viene attaccato e criticato, io cito solamente il fatto che nel suo libro di 714 pagine vi sono ben 44 pagine di bibliografia ampiamente dettagliata. A buon intenditor…

Sebbene lo scopo del libro fosse quello di presentare ai medici, ed in generale alle persone dotate di cultura medico-scientifica, un nuovo concetto sui meccanismi di alcune malattie ancora “oscure”, Seignalet cerca comunque di usare quando possibile un linguaggio “comune” al posto del gergo medico, in modo da dare la possibilità al grande pubblico di seguire i suoi scritti, quindi per esempio troviamo “stanchezza” al posto di “astenia” e simili, inoltre lungo il testo espone a lungo le basi di chimica, fisiologia, genetica, immunologia e antropogenesi, necessarie alla comprensione dell’opera, che viene facilitata anche dalla spiegazione delle condizioni di insorgenza, segni clinici ed evoluzione delle singole malattie.
Resta comunque un testo di non semplice lettura.

Tralascerò le considerazioni relative alle malattie, concentrando l’esposizione dei concetti dietetici esposti dall’autore, che cercherò di elencare nella loro totalità.
L’opera è davvero monumentale, e condensare le idee proposte dall’autore richiede tempo, ma sono in ferie e quindi mi appresto a farvi, credo, cosa gradita.
Tutto ciò che scriverò sono sunti delle idee e dei pensieri dell’autore, ed ogni mia eventuale considerazione sarà riportata in corsivo.

Innanzitutto, cosa che poche persone hanno ancora stampato bene in mente, medici compresi, IL NOSTRO MODO DI MANGIARE INFLUENZA LA NOSTRA SALUTE IN UN SENSO SIA NEGATIVO CHE POSITIVO.

Nella prevenzione e nel trattamento di numerose malattie, il primo posto spetta ad una dieta accurata.
Attualmente la dieta non ha che un ruolo marginale nelle terapie, prima di tutto perché le sue indicazioni sono limitate ad un numero ristretto di situazioni, poi perché il concetto di dieta rimane relativamente semplicistico (riduzione del sale nell’ipertensione arteriosa etc.), infine questi accorgimenti spesso cercano di curare i sintomi, non le cause.
In più, le concezioni attuali del concetto di dieta sono soprattutto basate sul numero di calorie , sull’equilibrio dei macronutrienti e su un apporto adeguato di calcio e vitamine.
La visione quantitativa della nutrizione deve essere invece sostituita da una visione qualitativa.

Seignalet (che da ora in poi citerò con S. ) cita alcuni suoi predecessori che avevano in qualche modo intuito l’importante ruolo dell’alimentazione, Edward Bach, Paul Carton, Kousmine, Burger e Fradin.
Kousmine e Burger hanno avuto il merito di collegare il fatto che l’uomo moderno non mangia nello stesso modo di una volta con l’insorgenza sempre più frequente di alcune malattie un tempo rare, propugnando il ritorno ad un cibo di tipo ancestrale per prevenirle o guarirle. La differenza tra i due è che Kousmine posiziona temporalmente questo cambiamento all’inizio del XIX secolo, Burger all’inizio del periodo neolitico, 5000 anni fa. Fradin ha poi direttamente accusato il metodo nutrizionale occidentale come il diretto responsabile di un forte aumento delle patologie degenerative.
In più, Kousmine ha dimostrato il pericolo delle tecniche industriali per la preparazione dei prodotti, Burger ha ideato la teoria dell’inadattamento degli enzimi umani ad alcuni alimenti odierni, Fradin ha incriminato le carenze in acidi grassi omega 3, la cottura a forte temperatura, i latticini, i cereali cotti ed i tossici lipofili.

Da quando la nostra specie si è distinta dalle scimmie antropoidi, circa 5 milioni di anni fa, i predecessori dell’uomo e l’uomo sapiens stesso hanno assunto lo stesso tipo di cibo.
I nostri antenati erano raccoglitori/cacciatori, il che significa che si nutrivano di carne, pesce, miele, cereali selvatici, legumi e frutta, e l’unico latte che consumavano era quello materno, e soltanto per il periodo della prima infanzia.
Il fuoco fu “addomesticato” 400.000 anni fa, nonostante ciò non abbiamo alcuna prova che il fuoco sia stato utilizzato per la cottura degli alimenti prima di un periodo che risale a circa 100.000 anni fa.
L’analisi delle feci fossili dimostra che nell’era mesolitica l’uomo si nutriva di cibo crudo, e la suddivisione del cibo era diversa da quella di oggi, precisamente:
33% proteine delle quali il 75% di origine animale (oggi 11% di cui 62% animale)
22% lipidi di cui 41% di origine animale (oggi 37% di cui 75% animale)
45% di glucidi quasi senza saccarosio né lattosio (oggi 52% di cui 27% saccarosio e 5% lattosio)
Gli uomini primitivi avevano un consumo proteico tre volte maggiore rispetto a quello attuale, con una prevalenza di proteine animali, assumevano meno lipidi e soprattutto meno grassi animali, cosicchè il rapporto acidi grassi polinsaturi/saturi era intorno a 1,4 contro l’attuale 0.25 , la quantità di glicidi era pressoché equivalente, ma priva di zuccheri industriali, inoltre l’alimentazione primitiva era ricca di calcio e potassio ma povera di sodio, e la vitamina C era quattro volte più consumata rispetto ad oggi.

Il passaggio dalla preistoria alla storia, dal mesolitico al neolitico, dal selvatico alla civilizzazione, fu caratterizzato dal modo di alimentarsi.
Circa 9000 anni fa in Asia Minore e circa 7000 anni fa nella regione del Messico, alcune tribù modificarono il loro stato da nomadi raccoglitori/cacciatori in sedentari agricoltori/allevatori, disponendo così di quantità maggiori di cibo, che permise un rapido aumento della densità di popolazione, che riuscì ad espandersi in diverse direzioni, inducendo le tribù con le quali venivano a contatto a modificare il loro modo nutrizionale, ed evolvendosi poi fino allo sviluppo dell’industria agro-alimentare dei giorni nostri.

I cambiamenti più importanti che differenziano la nuova dalla vecchia alimentazione, li possiamo condensare nei seguenti punti:
consumo di cereali coltivati,
consumo di latte animale e suoi derivati,
cottura,
preparazione degli oli,
inquinamento alimentare,
rischio di carenze vitaminiche e minerali.

Per milioni di anni gli uomini si sono nutriti con cibo naturale, analogo a quello selvatico, mentre l’alimentazione moderna è ricca di nuove macromolecole alle quali i nostri enzimi e mucine spesso non si sono adattati, infatti possono verificarsi due casi:
la creazione di nuovi enzimi tramite mutazioni genetiche, per la digestione di alcune molecole, che nel giro di qualche migliaio di anni si saranno adattati al compito in questione;
l’impossibilità di un adattamento enzimatico per altre molecole, troppo differenti da quelle naturali, come ad esempio alcuni isomeri generati dalla cottura, come i glicidi L.
Nel 900, la situazione è inoltre peggiorata, a causa della globalizzazione del modo nutrizionale, dove è incrementato esponenzialmente il numero dei prodotti importati da regioni lontane anche migliaia di chilometri.

Analizziamo i punti di sopra singolarmente.

Il problema dei cereali domestici
Nella preistoria i raccoglitori/cacciatori consumavano già gradi quantità di semi selvatici, ma oggi i cereali rappresentano i due terzi delle calorie e la metà delle proteine assimilate dall’uomo.
Dall’inizio dell’agricoltura ad oggi, i cereali hanno subito numerose modifiche dovute a diversi fattori, e precisamente:
per selezione naturale, in quanto fra le popolazioni selvatiche di graminacee l’uomo ha scelto le più belle e resistenti;
per selezione di massa, seminando soltanto i semi derivati dalle spighe e dalle piante migliori, generando comunque mutazioni genetiche che li differenziano, più o meno, dai semi ancestrali;
per ibridazione, permettendo la produzione di piante molto vigorose e produttive;
per trapianto in ambienti nuovi, con la probabile selezione naturale esercitata dal nuovo ambiente;
per differenze nel modo di consumo, in quanto gli uomini preistorici mangiavano i cereali selvatici crudi e interi, comprensivi quindi di crusca, pericarpio e lo strato aleurone, che contiene proteine poco diverse nella loro struttura da quelle degli animali.
Al giorno d’oggi l’uomo consuma soltanto la parte interna del seme, il che significa:
molto più amido,
molta meno cellulosa, con perdita del 90% delle fibre,
molte meno proteine utili,
molte meno vitamine,
molto meno fosforo e magnesio,
meno della metà di fosforo e magnesio,
inoltre il seme viene cotto, il che cambia fortemente la struttura dei suoi costituenti.

Il grano negli ultimi 10.000 anni ha subito una evoluzione filogenetica avvenuta nel modo seguente:
l’antenato del grano è il triticum monococcum (piccolo farro), che possiede genoma AA con 7 paia di cromosomi,
questo è stato incrociato con l’aegylops speltoides (una erba selvatica), che possiede il genoma BB con 7 paia di cromosomi, dando vita ad un ibrido sterile AB diploide,
mutazioni e ricombinazioni hanno portato alla creazione del triticum dicoccum (il farro grande), poi alcune selezioni hanno condotto al triticum turgidum, da cui derivano i grani duri ed il triticum durum, tatraploide con 14 paia di cromosomi.
L’incrocio tra triticum durum e aegylops squarrosa, che possiede il genoma DD con 7 paia di cromosomi, ha portato alla creazione del triticum spelta AABBDD exaplodie, dal quale deriva triticum aestivum, il grano tenero o frumento, che è exaploide con 21 paia di cromosomi.

L’orzo e la segale hanno 7 paia di cromosomi e sono diploidi, questo suggerisce antenati comuni con il grano.

Il riso ha una doppia origine, asiatica ed africana.
Il riso asiatico ha fatto la sua prima comparsa in India, si tratta dell’oryza sativa (riso delle paludi), da cui deriva oryza montana (riso di montagna) e oryza glutinosa (riso glutinoso),
il riso africano proviene dalla regione del delta del Niger, si tratta dell’oryza glaberrima, che è stato progressivamente soppiantato dal riso asiatico.
Il riso possiede 12 paia di cromosomi, ed anche se viene sottoposto a ripetute manipolazioni da parte dell’industria alimentare, ha sempre la tendenza a tornare al suo stato selvatico iniziale (notizia alquanto interessante, tratta da Higham C.F.W., La civilisation du riz en Asie du Sud Est, 1989, pag. 178-186), il riso moderno è dunque abbastanza simile al suo antenato preistorico.

Il mais (zea mays) è di origine americana, ed è stato coltivato per la prima volta 7000 anni fa nella regione del Messico.
Esso discende dalla teosinta, da cui si differenzia per cinque mutazioni maggiori e diverse minori. Oggi non esiste più il mais selvatico, che 7000 anni fa era una piccola pianta con spighe lunghe 2,5 cm e semi dalle dimensioni di un chicco di riso, oggi è alto da 2 a 6 metri, ha spighe lunghe 7 cm e semi della grandezza di piselli.

Gli effetti nocivi dei cereali sono i seguenti:
mentre il riso sembra poco o per nulla pericoloso, il grano, e ad un livello minore il mais, sono coinvolti in diverse patologie.
In seguito alla completa sospensione dell’assunzione di grano con la dieta nel corso della poliartrite rematoide, la sua reintroduzione ne risveglia la sintomatologia nel 54% dei casi, il mais nel 56% dei casi;
si è riscontrata una maggiore frequenza della sclerosi a placche fra gli anglosassoni e gli scandinavi, grandi consumatori di cereali;
la malattia celiaca e la dermatite erpetiforme sono la conseguenza di una risposta immunitaria contro la gliadina contenuta nel grano, alla secalina della segale, all’ordeina dell’orzo. L’esclusione di questi tre cereali dalla dieta permette la guarigione;
alcune forme di emicrania sono chiaramente legate al consumo di alimenti contenenti grano e scompaiono con la sospensione della loro assunzione;
le farine derivate dai cereali hanno un ruolo nella patogenesi del diabete mellito giovanile;
nelle depressioni nervose è stato osservato un ruolo di primaria importanza del grano;
uno studio ha mostrato una sorprendente correlazione tra la frequenza della schizofrenia e la quantità di grano, orzo e segale consumate;
la terapia del morbo di Crohn prevede spesso la sospensione dell’alimentazione orale e l’introduzione di quella parenterale, la reintroduzione di alcuni alimenti può scatenare una ricaduta, tra le sostanze più temibili figurano il grano ed il mais;
la scomparsa delle antiche civiltà americane all’inizio del settecento viene solitamente attribuita ai danni causati dagli invasori europei, ma secondo Larsen C.S. (Le declin des Indiens, 2000, pag. 42-48), gli aztechi, i maya e gli inca sono stati prima di tutto indeboliti dal consumo eccessivo di mais. E’ stato dimostrato che queste popolazioni sono passate, poco prima dell’arrivo dei bianchi, da una dieta varia ad un cibo costituito al 90% di mais, il che avrebbe provocato la comparsa di artrosi, carie e una diminuita resistenza alle infezioni.

S. ritiene che le proteine del grano e del mais possono aver subito troppi cambiamenti con i secoli e l’organismo umano non si è più adattato, inoltre queste diventano nocive dopo le trasformazioni causate dalla cottura.

Il problema del latte
Per migliaia di anni gli antenati dell’uomo, e poi l’homo sapiens stesso, si sono nutriti con un solo tipo di latte, quello delle loro madri, e soltanto durante la prima infanzia.
L’addomesticazione degli animali da latte è iniziata circa 9000 anni fa, quando i popoli pastori hanno cominciato a consumare latte ed i suoi derivati.
L’introduzione delle mucche da latte è relativamente recente, ed è soltanto a partire dall’ottocento, e soprattutto nel corso degli ultimi cinquant’anni, che il latte di mucca ha preso il posto che occupa oggi nella nutrizione dei bambini e degli adulti.

Il latte materno è l’unico alimento realmente adatto ai fabbisogni del neonato e del bambino piccolo, che variano con l’età. E’ sorprendente notare come anche la composizione del latte si modifichi nel tempo, e precisamente possiamo distinguere:
il colostro nei primi cinque giorni dopo il parto;
il latte di transizione, dal sesto al quindicesimo giorno;
il latte maturo, dal sedicesimo giorno al quindicesimo mese.
Questi tre tipi di latte presentano differenze a livello glicidico, lipidico, proteico, dei minerali, degli oligoelementi e delle vitamine.
La composizione del latte varia anche nel corso della poppata stessa, in particolare aumenta la percentuale dei lipidi per provocare sazietà.

Il latte materno ed il latte di mucca presentano nette differenze, le principali sono:
il latte umano contiene il 7% di lattosio, la più alta percentuale fra tutti i mammiferi, inoltre la lattasi diminuisce progressivamente con la crescita, ed in certi adulti non è addirittura più presente, questo vuol dire che, infanzia a parte, la lattasi e comunque il latte in generale, non sono fisiologici;
il latte contiene una maggiore quantità di ginolattosi, che ha probabilmente un ruolo nello sviluppo del cervello;
il latte umano è particolarmente ricco in colesterolo, trigliceridi, acido palmitico e acido oleico ed abbondante di acidi grassi polinsaturi, che intervengono nella crescita e nella mielinizzazione del sistema nervoso centrale;
il latte umano è caratterizzato da una relativa povertà in caseina, betalattoglobulina e in IgC;
il latte umano è ben fornito di alfalattalbumina (necessaria per la sintesi del lattosio), lattotrasferrina (che serve al trasporto dello zinco e del ferro nell’intestino), in IgA secretorie (che tappezzano la mucosa intestinale del bambino per opporsi alla penetrazione nel sangue dei batteri e dei virus) e di lisozima (attivo contro i batteri);
le proteine del latte bovino hanno una struttura aminoacidica primaria diversa da quelle del latte umano;
il latte umano permette un assorbimento ottimale dei minerali e degli oligoelementi in esso contenuti, mentre ad esempio ferro e calcio contenuti nel latte di mucca non vengono bene assorbiti dalla mucosa intestinale;
la percentuale di vitamine presenti nel latte umano è diversa rispetto a quella presente nel latte di mucca;
il latte di mucca contiene un vasto assortimento di fattori di crescita, destinati a fare aumentare il peso del vitello di più di cento chili in un anno, questi non sono quindi adatti per l’uomo. Tra il 1950 ed il 2000, l’altezza media dei francesi è aumentata di circa 10 cm ed il peso medio è cresciuto di quasi 10 Kg, il forte aumento del consumo dei latticini non è probabilmente estraneo a questo fenomeno, ma vanno fatte alcune considerazioni:
il vitello ha quattro stomaci che dispongono di un arsenale enzimatico ben diverso da quello dell’unico stomaco umano, sono anche differenti gli enzimi biliari, pancreatici e intestinali;
il latte di mucca permette al vitello di costruire rapidamente una grande quantità di tessuto osseo ma poco tessuto nervoso, tutto il contrario di quanto accade nell’uomo, infatti il QI dei bambini nutriti con latte materno è in media di 5 punti più elevato rispetto a quelli nutriti con latte di mucca.

Gli effetti nocivi del latte di mucca si possono riscontrare in diverse malattie:
nella poliartrite rematoide, in una percentuale non trascurabile di pazienti, la sospensione dell’assunzione di latticini provoca una remissione della sintomatologia, e la loro reintroduzione viene seguita da una ripresa dei sintomi;
nel diabete mellito giovanile si osservano costantemente un titolo elevato di anticorpi anti albumina bovina, ai quali viene attribuito un ruolo importante nella genesi delle lesioni del pancreas endocrino;
nella sclerosi a placche si è ottenuto il blocco dell’evoluzione della malattia eliminando dall’alimentazione dei pazienti i grassi saturi di origine animale, tra cui il latte ed i suoi derivati, sostituiti con grassi insaturi di origine vegetale;
nel decorso della nefropatia IgA si è evidenziata la presenza di molecole antigeniche provenienti dal latte nei complessi immuni depositati a livello dei glomeruli renali;
alcune forme di emicrania sono chiaramente causate dall’assunzione di latticini e regrediscono quando questi vengono esclusi;
il morbo di Crohn è nettamente più frequente fra gli anglosassoni e gli scandinavi che non fra i popoli di origine latina, fatto collegato al maggior consumo di latte fra i primi rispetto ai secondi;
in Francia gli incidenti cardiovascolari e la durata di vita media più breve si riscontrano con maggior frequenza al nord piuttosto che al sud, questo viene in gran parte attribuito all’uso del burro fra i primi e quello dell’olio di oliva fra i secondi;
i bambini allattati dalla madre sviluppano molte meno infezioni gastrointestinali, respiratorie o otorinolaringoiatriche rispetto agli altri;
la letteratura medica evidenzia come il consumo di latte materno comporta una riduzione della frequenza di alcune malattie croniche nel corso dell’infanzia e dell’adolescenza: diabete mellito di tipo I, malattia celiaca, malattie infiammatorie intestinali, cancro.

Il problema della cottura
La cottura trasforma in modo evidente l’aspetto degli alimenti, ed i cambiamenti sono tanto maggiori quanto è elevata la temperatura e quanto questa è prolungata.
Durante la cottura le molecole si scontrano, si rompono e si uniscono casualmente fra loro per dare origine a combinazioni molto complesse che spesso non esistono in natura.
Gli zuccheri si polimerizzano e gli oli si ossidano e si polimerizzano (infatti per la cottura viene consigliato l’uso dell’olio di arachidi, che contenendo solo il 30% di acidi grassi produce meno danni alle alte temperature a cui viene sottoposto).
Durante la cottura si creano degli isomeri:
zuccheri di tipo L a partire da quelli di tipo D,
aminoacidi di tipo D a partire da quelli di tipo L,
acidi grassi trans a partire da quelli cis.
I nostri enzimi agiscono solo sulla sostanza originale naturale, e non sull’isomero, ed il destino degli isomeri una volta superata la barriera intestinale è ancora sconosciuto, nella migliore delle ipotesi essi non verrebbero utilizzati, mentre nella peggiore, e così sembra essere, verrebbero invece utilizzati dall’organismo.
Spesso è sufficiente una piccola differenza rispetto alla molecola normale per ottenere una molecola che l’organismo non è capace a gestire, ad esempio il 2-desossiglucoso è molto simile al glucosio, ma gli manca un atomo di idrogeno legato al secondo carbonio, che non permette di essere trasformato a livello cellulare e quindi non può essere accumulato.

La cottura causa anche modifiche della struttura spaziale, non spezza i legami covalenti e non danneggia la struttura primaria, vengono invece scissi i legami a idrogeno e sono rinforzati i legami idrofobici intramolecolari.

Avvengono modifiche delle catene laterali dei residui di aminoacidi, ad esempio il triptofano produce derivati carbossilici, tra questi il carbossile gamma è un grosso potenziale agente cancerogeno, anche l’acido glutamico è in grado di creare derivati cancerogeni potenziali.
Avviene anche l’interazione innaturale tra diverse proteine tramite ponti covalenti, e non si sa quali siano le conseguenze della loro assunzione.

Altra conseguenza chimica della cottura sono le interazioni tra proteine e glicidi riduttori, le famose reazioni di Maillard (tanto care anche a Cianti…), che si verificano tra il gruppo amminico delle proteine e il gruppo carbossilico degli zuccheri, generando sostanze sempre più complesse in tre tappe, ed esattamente aldosamine e cetosamine (prima tappa), premelanoidine (seconda tappa) e melanoidine (terza tappa). Queste sono sempre più difficili da metabolizzare man mano che si modificano, e le più coriacee sono impossibili da rompere. Insolubili all’acqua e resistenti agli enzimi proteolitici.
Il destino di queste sostanze quando superano la barriera intestinale può avere due opzioni:
si accumulano nelle cellule o nell’ambiente extracellulare, e questo secondo S. può condurre a patologie che lui definisce da incrostamento;
vengono intercettate dai macrofagi che le trasportano intere fino ad un organo di eliminazione per poi scaricarle, e questo secondo S. può condurre a patologie che lui definisce da eliminazione.
Le molecole di Maillard, che i nostri enzimi non riescono a scindere, non sono presenti nel neonato, ma si riscontrano in quantità relativamente abbondanti nella persona anziana. Queste potrebbero partecipare all’invecchiamento vascolare e cerebrale prematuro e alle demenze senili, al giorno d’oggi sempre più frequenti.

Quindi la cottura produce una grande quantità di molecole complesse, inesistenti in natura, di cui spesso non conosciamo le proprietà ed il loro destino, inoltre è dimostrato che alcune sostanze che derivano dalla cottura sono tossiche o cancerogene, addirittura i pesticidi ed i coloranti contengono meno composti mutageni rispetto agli alimenti cotti, come ad esempio la trasformazione degli aminoacidi essenziali, il triptofano e l’acido glutammico.

Inoltre, nel corso della digestione di un pasto contenente cibi cotti, si osserva una leucocitosi, che non compare dopo l’assunzione di cibi crudi, questo suggerisce che alcune macromolecole di cibo cotto attraversino la parete intestinale suscitando una risposta immune.

Vengono citati anche gli esperimenti condotti da Pottenger su 900 gatti, seguiti nel corso di 10 anni, alcuni nutriti con carne cotta ed altri con carne cruda, in cui i gatti che mangiavano carne cruda:
resistevano meglio agli interventi chirurgici (surrenaectomia),
avevano meno malattie infettive, infiammatorie ed allergiche,
erano meno irascibili,
partorivano cuccioli più vigorosi e le madri allattavano senza difficolta,
il decadimento delle condizioni generazionali dei gatti che mangiavano carne cotta si aggravava col passare delle generazioni.

Lo scimpanzé, filogeneticamente vicino all’uomo, con il 99,3% del patrimonio genetico simile al nostro, non mangia altro che cibi crudi e tollera molto male i cibi cotti (infatti in cattività viene nutrito con cibi crudi).

Alcune popolazioni che vivono in condizioni simili a quelle dell’età della pietra mostrano innegabili vantaggi rispetto alle popolazioni civilizzate, e di preciso:
gli eschimesi, non disponendo di legame per il fuoco, traggono le principali risorse nutritive dalla renna e dal pesce crudi, e pure seguendo una dieta ricca di grassi, presentano una incidenza di malattie cardiovascolari dieci volte minore rispetto agli europei ed agli americani;
i pigmei assimilano quotidianamente quantità enormi di carne rispetto agli occidentali, senza inconvenienti per la loro salute, ma questa carne è quasi totalmente cruda.

S. consiglia di consumare alimenti crudi piuttosto che cotti, ma se ciò non fosse possibile, è da tener conto che le modifiche indotte dal calore sono tanto più importanti quanto la temperatura è alta e quanto è lungo il tempo di cottura.
Il limite oltre il quale gli alimenti subiscono danni importanti è posto ad una temperatura di 110 gradi.
Fino a 100 gradi si formano pochissime molecole mutagene, molecole del Maillard ed isomeri.
Al di sopra dei 110 gradi invece si creano un gran numero di agenti mutanti, molecole di Maillard ed isomeri.
Bisogna dunque scegliere la cottura stufata o quella a vapore dolce (che non supera i 95 gradi), sono metodi validi anche la brasatura e la lessatura.
Evitare la griglia e la frittura, dal momento che raggiungono temperature tra i 300 ed i 700 gradi, ed evitare anche la pentola a pressione che arriva fino a 140 gradi.
Gli alimenti proteici producono molte più sostanze cancerogene rispetto a quelli glicidici, sono quindi da temere la carne, il pesce, le salse e i brodi cotti. L’aggiunta di grassi aumenta ulteriormente questa produzione.
Il forno a microonde fa salire la temperatura in un tempo molto breve attorni ai 75 gradi, ma presenta alcune caratteristiche inquietanti, dunque viene caldamente sconsigliata.
In breve:
provoca un cambiamento d’orientamento delle molecole d’acqua 2,45 miliardi di volte al secondo, e non si conoscono le conseguenze di questo fenomeno;
in caso di perdite, emette radiazioni non ionizzanti, molto dannose per il nostro organismo;
trasforma alcuni aminoacidi L in D, è il caso della prolina e dell’idrossi prolina, che in seguito al cambiamento subito diventano resistenti all’azione enzimatica;
induce in più del 90% degli aminoacidi forti cambiamenti, evidenziati attraverso il metodo delle cristallizzazioni sensibili.
In un esperimento condotto da Henry Joyeux, tre gruppi di topi sono stati nutriti con gli stessi alimenti, ma preparati in modo diverso:
nel primo gruppo, il cibo veniva riscaldato a microonde,
nel secondo, cottura con pentola a pressione,
nel terzo, cruda o cottura a vapore dolce.
I topi del primo gruppo hanno rifiutato il cibo per più giorni e poi, spinti dalla fame, hanno finito per mangiare. In seguito, sono state iniettate in tutti i roditori cellule cancerogene. Il 100% degli animali appartenenti al primo gruppo ha sviluppato il cancro, il 50% di quelli del secondo gruppo, e nessuno di quelli del terzo. Sarebbe bene quindi non fare uso del forno a microonde.

La preparazione degli oli
Una volta gli oli venivano estratti dalle piante tramite spremitura a freddo, con procedimenti meccanici, in cui la temperatura si avvicinava ai 30 gradi. Questi oli contenevano acidi grassi essenziali, in particolare l’acido linoleico e l’acido alfa linoleico in forma cis, ma queste tecniche rendevano solo al 30%.
Negli anni 40 le industrie cercarono di aumentare questo scarso rendimento applicando l’estrazione a caldo, in cui venivano raggiunte temperature tra i 160 ed i 200 gradi, con un rendimento del 70%. In questo modo però si ottiene una certa quantità di acidi trans, in più l’olio viene manipolato tramite raffinamento, decolorazione, deodorazione ed idrogenazione, divenendo non più adatto al consumo umano.
Negli ultimi decenni è stata drasticamente abbassata la quantità di acidi trans, grazie all’utilizzo di solventi chimici volatili come l’esano, che permette il recupero del 100% dei grassi, in seguito basta raggiungere temperature di 30 gradi per eliminare il solvente.
Questa depurazione però non è mai totale, e rimangono sempre piccole quantità di solvente più o meno tossiche, inoltre sono sempre presenti molteplici raffinamenti, con conseguenze più o meno nocive.
Gli oli moderni in confronto a quelli ottenuti in passato sono oli morti, non contengono certamente acidi grassi trans, ma quando vengono scaldati in padella a 200 gradi, possono verificarsi due situazioni:
l’olio è molto povero o sprovvisto di grassi polinsaturi, non si formeranno composti trans, ma ci sarà una carenza di acidi grassi polinsaturi cis, questo deficit condurrà ad un disequilibrio del metabolismo delle prostaglandine;
l’olio è ricco di acidi grassi polinsaturi e si formerà una certa quota di composti trans, che hanno molteplici effetti nocivi, come l’ipercolesterolemia, l’aterosclerosi, l’obesità, la resistenza all’insulina nel diabete, inoltre è provato che favoriscono danni coronarici.
Andrebbero quindi utilizzati oli extravergini consumati crudi al posto degli oli industriali.

La margarina viene posta sullo stesso livello di pericolosità degli oli industriali, e ne viene proibito l’uso.

L’inquinamento alimentare
Negli ultimi decenni gli alimenti sono stati inquinati dall’aggiunta di additivi, dall’aggiunta di prodotti somministrati ad animali e vegetali e dalle irradiazioni in alcuni casi.
L’arma migliore per combattere queste alterazioni è sicuramente il ricorso agli alimenti biologici.

Le carenze in vitamine e minerali
La maggior parte degli animali da allevamento vengono nutriti con pastoni la cui composizione è ben lontana dagli alimenti ancestrali di queste specie, in più gli animali vengono macellati molto più giovani rispetto a prima, così come molti tipi di frutta e verdura crescono in serre e vengono raccolti prematuramente.
Tutti questi animali e vegetali vengono imbottiti artificialmente di vitamine e minerali, ma l’esperienza dimostra che sovente questi alimenti mostrano deficit di magnesio, ferro ed oligoelementi.

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I principi della dieta

Lo scopo è quello di eliminare tutti gli alimenti dannosi introdotti nella dieta a partire dall’inizio della civilizzazione.
Le direttive della dieta sono semplici:
esclusione del latte animale e dei suoi derivati;
esclusione dei cereali mutati, essenzialmente grano e mais, non viene escluso invece il riso;
esclusione dei cibi cotti a temperature troppo elevate, cioè al di sopra dei 110 gradi;
esclusione degli oli raffinati, sostituiti da oli extravergini consumati crudi;
limitazione, per quanto possibile,del consumo di prodotti manipolati, che implica un maggior consumo di alimenti biologici.

Latte animale
Bisogna escludere il consumo di latte animale, qualunque sia la sua origine.
Vanno esclusi anche tutti i derivati, come burro, formaggio, panna, gelati, yogurt etc.
L’esclusione del consumo di latticini NON comporta una carenza di calcio .

Cereali
Il grano viene considerato un vero e proprio mostro. Vanno evitati tutti gli alimenti da esso derivati, come pane, croissant, pizze, biscotti, pasta etc.
Il pane integrale è da considerarsi peggiore del pane classico, perché viene cotto per un periodo più lungo, e quindi sarà più ricco di molecole del Maillard.
Il kamut NON è un grano ancestrale, come spesso si cerca di far credere, perché ha raddoppiato il numero dei suoi cromosomi. Va eliminato.
Il farro piccolo è invece un grano ancestrale, è forse tollerabile quando è autentico e consumato crudo, ma S. riferisce di non poterlo affermare con certezza in quanto non ha avuto modo di verificarlo.
Il consumo di pane di farro è comunque da escludere, perché essendo cotto assume le stesse caratteristiche del pane di grano.
L’orzo, la segale e l’avena appartengono alla famiglia del grano, ma hanno subito molti meno cambiamenti, in quanto hanno conservato 7 paia di cromosomi. Nonostante questo vanno eliminati, perché vengono sempre assunti cotti. In alcuni suoi pazienti la birra, che contiene proteine dell’orzo, ha avuto effetti negativi.
Il mais è da considerarsi pericoloso per gli stessi motivi del grano, bisogna quindi evitare corn flakes, pop corn e simili.
Il riso è rimasto simile alla sua forma ancestrale. L’esperienza dimostra che non è quasi mai nocivo, viene quindi autorizzato il consumo sia del riso bianco che di quello integrale.
Il saraceno ed il sesamo sono entrambi ben tollerati dall’uomo ed il loro consumo è concesso.
S. non si esprime a riguardo dei cereali africani, come miglio e sorgo, che vengono raramente utilizzati in Francia.
Il pericolo del consumo dei cereali deriva dalla presenza di proteine mutate e cotte. Sono invece innocui i glicidi. La presenza di amido di mais o sciroppo di grano in un prodotto non ne vieta l’assunzione.

Le carni
Vengono considerate pericolose quando sono cotte e non dannose se consumate crude. Nel caso in cui non vi sia la possibilità di consumare carne cruda, anche solo per un blocco psicologico, si potrà tollerare una cottura breve e a bassa temperatura.
Preferire il consumo di carni di montone, bue e cavallo, solitamente allevati allo stato brado, ed in misura minore manzo e vitello, perchè abbastanza facili da consumare crudi.
Diffidare di agnello, maiale, pollame e coniglio, spesso nutriti in modo errato e poco appetibili consumati allo stato crudo.
Eccezionalmente potrà essere ammesso il consumo di fegato o rognone, da evitare invece le frattaglie.

I salumi
E’ ammesso il consumo di salumi crudi: prosciutto crudo, salame, salsiccia, soppressata etc. , ma solo se provenienti da animali allevati allo stato brado.
Vanno invece esclusi quelli cotti: prosciutto cotto, patè, cotechino etc.

Le uova
L’uovo è nocivo quando viene cotto, salubre invece se consumato crudo.
Eventualmente si può scartare il bianco, costituito esclusivamente di albumina, mentre è consigliato l’utilizzo del tuorlo.
Un’alternativa all’uovo crudo sono le frittate e le uova cotte a bassa temperatura.

I pesci
Il pesce cotto è molto meno pericoloso della carne cotta, tuttavia è consigliata l’assunzione di pesce crudo.
Ovviamente il pesce deve essere molto fresco.
Se non lo si vuole mangiare cotto, è comunque preferibile la cottura a vapore dolce.
Preferire i pesci di mare piuttosto che di fiume, i pesci selvatici piuttosto che di allevamento.

Altri prodotti del mare
E’ concesso il consumo di crostacei, molluschi e bivalvi.
I bivalvi crudi (ostrica, cozza, vongola etc.) sono anzi consigliati.

Le verdure
Sono tutte autorizzate. Se si trovano troppo duri per essere consumati crudi, è concessa la cottura in pentola a pressione o meglio ancora stufati o al vapore dolce.

I legumi
In questa categoria rientrano fave, fagioli, lenticchie, patata dolce, piselli, patata, ceci, quinoa, soia e tapioca (manioca).
Ne è autorizzato il consumo dopo cottura simile a quella delle verdure.
Il latte e lo yogurt di soia sono ottimi sostituti del latte di mucca e dello yogurt classico, la soia però presenta alcuni inconvenienti e quindi è meglio non abusarne.

Le crudità
Ne è concesso un largo uso: aglio, carote, sedano, funghi, cetriolo, zucche, crescione, indivia, valerianella, meloni, peperoni, ravanelli, insalata verde, pomodori.

La frutta fresca
E’ consigliato farne un grande uso.
Sono ammesse le castagne (e la farina di castagne) consumate cotte.

La frutta secca o conservata
Ne è concesso un grande utilizzo, ma solo se mangiati crudi: mandorle, arachifi, datteri, fichi, nocciole, noci, olive, pinoli, prugne secche.
Vanno eliminate le arachidi tostate.

Gli zuccheri
Lo zucchero classico (il saccarosio) va scartato e sostituito dallo zucchero grezzo, molto più ricco in vitamine e minerali.

Gli oli
Sono da evitare gli oli raffinati e la margarina, che vanno sostituiti con oli extravergine consumati crudi.
Gli oli consigliati sono i seguenti:
oliva, che contiene acidi grassi monoinsaturi
noci crude, soia e colza, che contengono l’acido a linoleico
enotera e borragine, che contengono l’acido g linoleico

Alimenti diversi
Sono consigliati il miele, i pollini ed i semi germinati di legumi o cereali ancestrali non mutati: soia, lenticchie, ceci, fagioli, erba medica, riso, miglio e farro piccolo.
Limitare il cioccolato, da preferire il cioccolato scuro biologico, fatto di zucchero integrale.
Evitare le marmellate.

I gusti
Sono tutti autorizzati: sale, pepe, aceto, limone, cipolla, aglio, senape, prezzemolo, capperi, cetriolini, curry e piante aromatiche.
La quantità di sale deve essere limitata, in particolare preferire il sale integrale al sale bianco.

Le bevande
Evitare le bevande ricche di zucchero bianco (soda, succhi di frutta etc.) e la birra, paragonata ad un cereale per il fatto che contiene proteine dell’orzo.
Inutile dire che è autorizzata l’acqua di rubinetto e le varie acque minerali.
Il caffè ed il tè sono tollerati ma in quantità ragionevoli.
La cicoria viene consigliata per le sue proprietà coleretiche e purificanti.
Le bevande alcoliche, birra esclusa, sono autorizzate a dosi moderate, questo perché:
l’alcol è una molecola semplice che non può provocare una risposta autoimmune, nè un incrostamento né una eliminazione difficile;
le bevande alcoliche ottenute dalla distillazione dei cereali non contengono alcuna proteina cerealica;
l’alcol ha un effetto antiaggregante sulle piastrine e fluidifica il sangue, attore protettivo dalle malattie cardiovascolari. E’ stato dimostrato che il vino, soprattutto quello rosso, contiene una quantità non trascurabile di acido acetilsalicilico, anticoagulante utilizzato nella prevenzione e nel trattamento degli incidenti cardiovascolari;
il vino è considerato una trappola per i radicali liberi, azione che non è dovuta all’alcol ma ai flavonoidi.

Esistono pericoli nel mangiare crudo?
Per S. le possibilità di contrarre un batterio pericoloso mangiando cibo crudo sono estremamente rare, e riferisce di non aver mai incontrato un caso. I batteri ingeriti vengono per la maggior parte uccisi nello stomaco dall’acido cloridrico, ma bisogna fare attenzione ai cibi scaduti ed ai prodotti di mare di provenienza incerta.
Le grandi tossi-infezioni sono secondarie all’ingestione di piatti cotti contaminati da stafilococchi o salmonelle provenienti dal cuoco.
Le possibilità di contrarre infezioni parassitarie sono ugualmente scarse, ed anche di queste riferisce di non averne mai incontrato un caso, tuttavia è necessario mantenere un certo livello di allerta e seguire le seguenti precauzioni:
acquistare soltanto alimenti freschi di buona qualità, in questi prodotti i parassiti sono molto rari;
fare attenzione a crescioni, soffioni e valeriane selvatiche, dalle quali è possibile contrarre la distomatosi epatica, un parassita mortale;
verificare la provenienza della carne di cavallo e di maiale, che vivendo in pessime condizioni igieniche potrebbero essere infettate dal verme nematodo trichina.
La protezione migliore contro i parassiti, è il recupero, grazie ad una dieta di tipo originale, di un tratto digerente in ottime condizioni, nel quale i parassiti difficilmente riescono ad attecchire.
Nella sua esperienza, S. ha riscontrato parassitosi ad ingresso digestivo soltanto da consumatori di cibi cotti, mai da quelli di cibi crudi.
Anche se comunque esiste un minimo pericolo di parassitosi, bisogna pesare il rischio. Mangiando crudo, ho una possibilità su 5000 di contrarre un parassita, ma dieci volte meno la possibilità di sviluppare un cancro o una malattia cardiovascolare. I pericoli legati al mangiare crudo sono infinitamente minori di quelli portati da un’alimentazione cotta, coinvolta nella patogenesi di numerose malattie.

L’equilibrio acido/base
Il pH delle nostre cellule è 7,4 , leggermente alcalino. Se l’uomo fa uso di troppi alimenti acidi, l’eccesso di ioni acidi deve essere compensato da sostanze tampone, al fine di mantenere il pH a 7,4 , necessità vitale. Il ristabilirsi dell’equilibrio acido-base consuma energia e può essere causa di stanchezza patologica e di una eccessiva fragilità dell’organismo.
Considerando le caratteristiche dei diversi alimenti, e cioè:
acidificanti: carni, pesci, uova, zucchero raffinato, tè, alcol, cereali, latticini
alcalinizzanti: verdure, legumi, crudità (la maggior parte), frutti maturi, latte, mandorle
si evince che nella dieta di tipo ancestrale gli alimenti acidificanti sono presenti in quantità ridotta.
In caso di pH urinario acido, nessuno vieta di aggiungere alla dieta dei bicarbonati o dei citrati.

Altri consigli
Le conserve sono da eliminare, perché generalmente contengono alimenti cotti con oli non vergini o con grassi animali.
Gli alimenti affumicati sono da consumare moderatamente, è stato dimostrato che l’affumicatura causa la comparsa di sostanze cancerogene: benzopirene, benzofluorene, benzantracene.
Il potere mutageno di queste molecole rimane tuttavia ben minore di quello di certe carboline prodotte dalla cottura.
I prodotti surgelati non vengono considerati pericolosi, infatti la conservazione ad una temperatura inferiore a -18 gradi non modifica assolutamente la struttura dell’alimento, cosa che invece è determinata dalla cottura. S. riferisce di aver conservato dal 1969 al 2003 dei sieri contenenti anticorpi in un freezer a -25 gradi, e questi anticorpi, molecole fragili e complesse, hanno mantenuto tutte le loro proprietà.
I fichi secchi sono consigliati, ma vanno evitati quelli ricoperti di farina.
Le gallette di riso sono tollerate, ma occorre verificare attentamente la loro composizione, perché possono contenere una grande quantità di grano.

Composizione dei pasti
La posizione generale di S. nella composizione giornaliera del menù è la seguente:

prima colazione
cioccolato nero (senza abusarne)
miele
1 frutto di stagione
1 frutto secco
1 caffè o tè o meglio tisana di cicoria

Pranzo
1 crudità
1 verdura
Oleaginoso
2 tipi di frutti

Cena
1 crudità
1 legume
1 carne o 1 salume crudo o 2 uova crude o 1 pesce o 1 prodotto di mare
2 tipi di frutti

Non è comunque obbligatorio consumare tutti gli alimenti proposti, si possono togliere uno o più prodotti a seconda dello stimolo della fame.
Il consumo di proteine animali è limitato ad una volta al giorno, questo previene un eccessivo apporto di acidi.
Logicamente la tabella di sopra è solo un suggerimento, sono possibili molte altre composizioni di menù, l’importante è seguire i punti chiave della dieta.

Quantità di viveri
Il principale obiettivo del cambiamento nutrizionale è dato dalla qualità. Si punta a introdurre nell’organismo umano molecole che gli corrispondano e ad escludere quelle che non gli corrispondono.
Il problema quantitativo è meno importante, tuttavia è sempre preferibile mangiare poco piuttosto che troppo, i pasti eccessivi comportano maggior lavoro per gli enzimi, le mucine, gli enterociti, le cellule epatiche e viene aumentato il numero di rifiuti di origine alimentare o batterica.
E’ comunque raccomandabile un certo grado di frugalità, studi hanno dimostrato che gli animali nutriti con moderazione vivono in media due volte più a lungo di quelli che mangiano fino a sazietà.

Assunzione di fermenti lattici
I lattobacilli sono germi normalmente presenti nell’intestino, il loro apporto quotidiano modifica progressivamente la composizione della flora batterica intestinale. L’alimentazione moderna è spesso causa della formazione di una flora da putrefazione, ricca di batteri pericolosi. I lattobacilli favoriscono la transizione verso una flora da macerazione, decisamente più fisiologica.
S. riferisce che è abituato a prescrivere 2 capsule di Ergyphilus al giorno per un periodo di almeno tre mesi, questo è un prodotto in capsule che proteggono i bacilli dall’azione distruttiva dei succhi gastrici, liberando il loro contenuto nell’intestino tenue.
Si può anche prendere una fiala di Nutrabase o una bustina di Lactibiane al giorno, in questo caso l’azione non è protettiva, ma permette il raggiungimento di grandi quantità di bacilli che andranno a colonizzare il duodeno.
S. poi riferisce anche di un nuovo prodotto, che lui ritiene molto promettente, il Lactospectrum, che associa 10 ceppi di germi e probiotici.
Un’interessante alternativa consiste nel somministrare 3 capsule al giorno di L Base per 10 giorni, si tratta di un siero fermentato, ottimo nutrimento per i batteri saprofiti della flora batterica, possiede inoltre un’azione vitalizzante sugli enterociti.
Egli consiglia anche l’assunzione di preparati il cui scopo è la protezione della barriera intestinale, come Ultra Clear Sustain e Ultra Inflam X.
Il non consumo di cereali e latticini, l’ingestione di alimenti crudi e l’assunzione di fermenti lattici hanno un’azione benefica sul funzionamento intestinale e ne normalizzano anche il transito.

Vitamine
La migliora fonte di vitamine è un’alimentazione varia e biologica, l’inquinamento tuttavia concorre a far diminuire la quantità di vitamine presenti nel cibo.
Generalmente ritiene utile un apporto delle vitamine liposolubili A,D,E,K e delle idrosolubili B1,B2,B5,B6,B12,C , ponendo attenzione ad eventuali sovradosaggi causati dalle vitamine A e D.
Consiglia l’assunzione di vit. C a dosi moderate, in quanto non crede che il funzionamento così complesso del nostro organismo, con le sue migliaia di reazioni enzimatiche, possa essere così fortemente dipendente da un’unica molecola come ritiene Pauling, inoltre ritiene che la vit.C, antiossidante a dosi fisiologiche, diventi pro-ossidante a dosi elevate.
Egli è solito prescrivere Biocèbè, che associa 10 vitamine e citroflavonoidi, mentre quando vuole insistere sulle vit. C ed E aggiunge Anti Ox 200 (C,E,selenio), in questi prodotti le vitamine si trovano sotto la loro forma nativa, in polvere di frutta e verdura.

Magnesio
L’alimentazione moderna è di solito troppo ricca di sodio e calcio e povera in potassio e magnesio.
La riduzione del consumo di sale e l’esclusione dei latticini normalizzano l’apporto di sodio e calcio, mentre il consumo di grandi quantità di frutta e verdura aumenta gli introiti di potassio.
Per il magnesio prescrive Mag2 (pidolato di magnesio) e il cloruro di magnesio.

Altri minerali
Tra le varie formule presenti in Francia, preferisce Ergybiol, che contiene 29 minerali in forma unica.

Le variazioni di peso
Su un campione di 100 volontari, la dieta ipotossica fa prendere peso ad un soggetto, lo mantiene costante a 19 e ne fa dimagrire 80.
La perdita di peso è però lenta e progressiva, in media 1 Kg ogni 15 giorni. Quando il tessuto adiposo superfluo è fortemente diminuito, non è raro che la persona riprenda 2 o 3 Kg.
In certi casi, peraltro eccezionali, il dimagrimento è troppo veloce e troppo marcato, questo può essere accompagnato dall’intercorrenza di altre patologie, probabilmente alla fuoriuscita improvvisa dal sangue di rifiuti lipofili, in questi casi bisogna interrompere la dieta e riprenderla in modo progressivo.

Le depurazioni
La fase iniziale del cambiamento nutrizionale viene spesso disturbata da piccoli malanni, che corrispondono al’eliminazione da parte delle molecole indesiderate, nel libro c’è un intero capitolo che parla di questo argomento.
Dopo questo periodo spiacevole, si raggiunge spesso un periodo di benessere, l’appetito aumenta, l’energia e il morale migliorano, alcuni suoi pazienti descrivono un’impressione di pulizia fisica e psichica.

Le carenze eventuali
L’abbandono del consumo di cereali e latticini fa temere ai pazienti di avere un’alimentazione carente di certe sostanze. S. ci tiene a rassicurare che la dieta ipotossica provvede in modo ottimale ai fabbisogni di glicidi, lipidi e protidi, ed è ricca di minerali e vitamine, essendo molto abbondanti nei cibi crudi.
Contrariamente ad una opinione comune, l’eliminazione del consumo di latte e dei suoi derivati non provoca nessuna carenza nell’apporto del calcio, né una maggiore tendenza all’osteoporosi, infatti:
il latte causa certamente un ingresso di quantità importanti di calcio, ma la maggior parte di esso non viene assorbito, perché precipita sotto forma di fosfato di calcio, che verrà in seguito eliminato con le feci. L’eliminazione è comunque un fatto fisiologico, in quanto il latte di mucca contiene quantità di gran lunga eccessive di calcio rispetto al fabbisogno umano;
le verdure e la frutta apportano quantità di calcio sufficienti;
nessun animale selvatico soffre di osteoporosi, anche se non bevono latte dopo lo svezzamento;
il ruolo preventivo del forte apporto di calcio in caso di osteoporosi non è dimostrato, infatti l’osteoporosi non è dovuta ad una carenza di calcio, ma all’associazione di diversi fattori, alcuni ereditari ed altri acquisiti, che causano un’eccessiva attività degli osteoclasti, a cui consegue un eccesso di distruzione della matrice ossea, non compensata da una risposta appropriata degli osteoblasti. Le uniche sostanze che hanno dimostrato di avere qualche azione nella prevenzione e nel trattamento dell’osteoporosi sono gli estrogeni, il raloxifene e i bifosfonati, quindi non è sorprendente che il controllo dei volontari che seguono la dieta ipotossica non abbia mai mostrato una tendenza all’ipocalcemia né all’osteoporosi. Se l’osteoporosi era già presente prima del cambiamento nutrizionale, si potevano osservare due situazioni:
30 volte su 100, l’osteoporosi continua la sua evoluzione allo stesso ritmo di prima;
70 volte su 100 l’osteoporosi si stabilizza, con talvolta una parziale ricostruzione.
S. comunque non è contrario all’assunzione di calcio, finchè le dosi rimangano moderate.

Conclusione
La dieta ipotossica, associata ad altre regole di buon senso, come l’attività fisica, l’abbandono del vizio del fumo e la limitazione dello stress, può a volte costituire l’unica terapia per molte patologie.
Nel caso in cui la dieta venga seguita per fini “medici”, S. consiglia di seguirla rigorosamente per almeno un anno, meglio ancora due, riferendo di una sua paziente affetta da poliartrite rematoide che ha riscontrato un improvviso miglioramento dopo ben 22 mesi di dieta.
In caso di riuscita, la dieta ipotossica deve essere portata avanti per tutta la vita, infatti i pazienti non sono guariti ma in remissione, e se decidono di riprendere le abitudini alimentari precedenti, prima o poi si manifesterà una ricaduta, più frequentemente dopo qualche settimana o qualche mese, e questo secondo S. rappresenta sicuramente una prova dell’efficacia della dieta.
Sembrerebbe che quando un organo o un tessuto vengano colpiti da una malattia autoimmune, da incrostamento o da eliminazione, continui a persistere nel tempo un punto debole, che causa una tendenza nella ripresa dello stesso problema. Fortunatamente, i soggetti che hanno ben risposto alla dieta ipotossica, reagiscono nuovamente in modo favorevole ad un ulteriore tentativo di cura con lo stesso metodo.

La dieta ipotossica in sintesi

Alimenti vietati
Grano duro e grano tenero e loro derivati
Tutti i cereali, ad eccezione del riso, del grano saraceno e del sesamo.
Latti animali e loro derivati
Sale bianco raffinato
Zucchero bianco raffinato
Cioccolato al latte
Marmellate
Oli raffinati
Margarine
Birra
Conserve (tranne quelle di verdura)

Alimenti sconsigliati
Tutti gli alimenti cotti al di sopra di 110 gradi, ed in particolare:
salami cotti
carni cotte
fegato
rognone
uova troppo cotte
pesci cotti
oli cotti
oleaginosi cotti
Se si desidera cuocere certi cibi, è meglio farlo o molto brevemente, o stufati, o al vapore dolce.

Alimenti autorizzati
Carni crude
Salami crudi
Uova crude o poco cotte
Pesci crudi o poco cotti
Crostacei
Frutti di mare
Cibi affumicati (moderatamente)
Verdure (possibilmente stufati o al vapore dolce)
Legumi cotti (possibilmente al vapore dolce o stufati)
Soia (latte di soia, yogurt di soia)
Crudità
Frutta fresca
Frutta secca
Oleaginosi crudi
Miele
Pollini
Riso, grano saraceno e sesamo
Cioccolato nero (in quantità moderata)
Semi germinati di cereali ancestrali e di legumi
Oli ottenuti tramite prima spremitura a freddo
Sale integrale
Zucchero integrale
Acqua del rubinetto e acque minerali
Cicoria, infusioni, caffè (non troppo), tè (non troppo)
Tutte le bevande alcoliche (moderatamente) tranne la birra.

-segue-

Brevissimo sunto della concezione della malattia in Seignalet

Le patologie da eliminazione
Secondo S. , quando gli emuntori principali o primari (pelle, polmoni, reni, intestino) sono troppo sollecitati da eliminazioni intense ed aggressive, entrano in una fase di eliminazione patologica.
Per l’emuntore cutaneo, si constaterà la comparsa di acne, alcuni eczemi, psoriasi etc
Per l’emuntore polmonare si constaterà la comparsa di bronchiti croniche, asma etc
Per l’emuntore renale si constaterà la comparsa di nefriti croniche, cistiti etc
Per l’emuntore intestinale si constaterà la comparsa di colopatie funzionali, coliti croniche, morbo di Crohn etc
Le mucose dell’organismo sono le membrane che tappezzano la parete interna di tutti gli organi cavi del corpo, esse hanno la possibilità di provocare delle secrezioni per difendersi e per eliminare o espellere gli scarti di cui l’organismo desidera liberarsi.
Per rispondere ad una infiammazione localizzata o ad un’accentuazione, queste mucose molto sollecitate possono entrare in una fase patologica, si assisterà in questi casi alla comparsa di sinusite, rinite, otite, afta etc
L’organismo potrà anche sollecitare gli emuntori secondari per favorire l’eliminazione delle tossine, ovvero
l’emuntore epatico, l’emuntore mammario, l’emuntore lacrimale e l’emuntore salivare, dando origine a diverse patologie.

Le patologie da incrostamento
Il sovrappiù di scarti e di sostanze tossiche può accumularsi progressivamente su quegli organi la cui funzione non è di eliminare i rifiuti dell’organismo,
A livello delle membrane, gli scarti, come ad esempio alcuni peptidi tossici, possono prendere il posto dei peptidi fisiologici, di cui occupano i recettori, scatenando così segnali erronei, impedendo i segnali normali e provocando disfunzioni cellulari. Anche le sostanze estranee disturberanno le comunicazioni dirette tra le cellule.
Nel citoplasma e nel nucleo, queste molecole estranee sono all’origine di disorganizzazioni cellulari.
Nel 1997 Gottesfeld ed i suoi collaboratori hanno constatato che certe poliammidi sintetiche potevano raggiungere il nucleo, legarsi al dna e modificare l’espressione di alcuni geni. Nello stesso anno, Schubert e la sua equipe hanno comunicato un’analoga osservazione sul dna di un batteriofago che, ingerito insieme al cibo, aveva raggiunto il nucleo di diverse varietà di cellule per associarsi al dna dell’ospite.
Gli esseri umani non reagiscono tutti allo stesso modo di fronte all’assalto di tossine e inquinanti varie, provenienti dall’intestino, questa differenza si basa sul capitale enzimatico, su fattori ereditari, igienici ed alimentari.
Tutte queste scorie sono causa di sofferenza e disfunzioni cellulari, che possono sfociare in alcuni casi in patologie da incrostazione diverse.

Le malattie autoimmuni
(ovvero quando l’immunità del corpo attacca i propri tessuti)
Le malattie autoimmuni sono tipicamente malattie della civiltà, perché anche se di origine diversa sono tutte collegate all’inquinamento in senso lato.
Tre fattori hanno indubbiamente provocato la loro diffusione: l’alimentazione industriale, alcuni vaccini ed i metalli pesanti.
In parecchie malattie si constata una impermeabilità o delle lesioni all’intestino tenue o entrambe.

La differenza fra muscolo e grasso è che il grasso non si mette al servizio della volontà. Per questo deve sparire. [Sven Lindqvist, Il sogno del corpo, Ponte alle Grazie]


   
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energy
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A titolo puramente informativo inserisco la lista delle malattie che rispondono il più delle volte alla dieta ipotossica (tabelle tratte dalle pag.620-623 del libro “L’alimentazione ovvero la terza medicina” di J. Seignalet, edito da Francois-xavier de guibert)

Risultati
della dieta nelle malattie da eliminazione

malattia

numero

remissioni

miglioramenti

miglioramenti

fallimenti

da eliminazione

pazienti

complete

chiari

del 50%

acne

42

40

2

0

0

aftosi

14

10

3

1

0

asma

85

80

0

3

2

bronchite
cronica

42

39

0

3

0

colite

237

233

0

0

4

coliti
microscopiche

5

4

0

0

1

congiuntivite
allergica

30

26

1

2

1

eczema di
costituzione

43

36

4

0

3

edema di
quincke

27

22

2

2

1

gastrite

19

18

0

1

0

infezioni
orl a ripetizione

100

80

0

0

20

istiocitosi
langheransiana

3

0

3

0

0

mastocitosi
cutanea

2

0

2

0

0

morbo di
crohn

72

62

2

7

1

orticaria

34

29

5

0

0

poliposi
vaso-sinusale

6

6

0

0

0

prurito

8

7

1

0

0

psoriasi

72

45

7

8

12

reflusso
gastroesofageo

16

6

5

0

5

rettocolite
ulcerosa

8

0

0

3

5

rinite
allergica

75

71

0

2

2

sinusite
cronica

50

38

0

8

4

vascularite
orticaria

4

2

0

0

2

La differenza fra muscolo e grasso è che il grasso non si mette al servizio della volontà. Per questo deve sparire. [Sven Lindqvist, Il sogno del corpo, Ponte alle Grazie]


   
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energy
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Risultati
della dieta nelle malattie da incrostamento

malattia

numero

remissioni

miglioramenti

miglioramenti

fallimenti

da incrostamento

pazienti

complete

chiari

del 50%

angina
pectori

15

14

0

1

0

aplasia
midollare

3

1

0

0

2

artrite
degli arti inferiori

3

3

0

0

0

artrosi

118

47

52

12

7

calcolosi
biliare

effetto
preventivo notevole

cancro
(prevenzione)

3 cancri su
30 attesi

cefalee da
tensione

15

11

3

0

1

condrocalcinosi

8

4

4

0

0

depressione
nervosa endogena

30

25

5

0

0

diabete
mellito di tipo 2

25

20

0

5

0

dispepsia

63

62

0

1

0

distonia

1

1

0

0

0

emicranie

57

41

12

0

4

fibromialgia

80

58

10

4

8

fibrosi
polmonare idiopatica

3

0

1

1

1

glaucoma

6

3

3

0

0

gotta

6

5

0

1

0

infarto
(prevenzione)

1200

5 infarti
su 28 attesi

ipercolesterolemia

70

abbassamento
del 35% del colesterolo

ipoglicemia

16

13

0

1

2

malattia di
parkinson

11

0

7

3

1

malattia dl
alzheimer

effetto
preventivo notevole

osteoporosi

20

evoluzione
positiva 70 volte su 100

sovrappeso

100

30

21

21

28

spasmofilia

52

46

2

1

3

stanchezza
inspiegata

10

5

0

3

2

tendiniti

17

13

2

0

La differenza fra muscolo e grasso è che il grasso non si mette al servizio della volontà. Per questo deve sparire. [Sven Lindqvist, Il sogno del corpo, Ponte alle Grazie]


   
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energy
(@energy)
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Topic starter  

In basso ho inserito una tabella tratta da pag. 614 del libro di cui sopra, dove vi è una interessante visione d'insieme delle teorie fin qui esposte tramite l'utilizzo di una sorta di diagramma di flusso, che mostra molto bene come l'alimentazione moderna sia posta alla sorgente della lunga catena di eventi che conducono all'esordio della malattia.
Dallo schema si evince quanto segue:
il ruolo causale dell'alimentazione moderna;
il frequente ruolo scatenante svolto dallo stress;
il ruolo centrale giocato dall'intestino tenue come organo chiave, in quanto interviene tramite la flora batterica, la sua mucosa, i suoi enzimi e le mucine;
il flusso dei rifiuti batterici e alimentari attraverso la parete intestinale troppo permeabile;
la patologia autoimmune indotta dai peptidi antigenici e le proteine superantigeniche;
la patologia da incrostamento indotta dai rifiuti;
la patologia da eliminazione, legata al trasporto delle molecole da depurare attraverso i diversi organi depuratori;
la partecipazione di geni di suscettibilità che concorrono insieme ai fattori di derivazione ambientale allo sviluppo di varie malattie.
Non sorprende quindi che un cambiamento nutrizionale ben scelto sia in grado di migliorare o guarire un gran numero di pazienti.
S. stima che autoimmunità, incrostamento ed eliminazione interessano circa l'80% della patologia.
Tuttavia, alcune condizioni patologiche non vengono influenzate dalla dieta ipotossica, e di preciso:
le malattie puramente ereditarie, che dipendono poco o affatto dai fattori ambientali;
le lesioni anatomiche irrecuperabili;
le infezioni batteriche e virali, con verie eccezioni;
altre patologie delle quali S. parla nel suo libro.

La differenza fra muscolo e grasso è che il grasso non si mette al servizio della volontà. Per questo deve sparire. [Sven Lindqvist, Il sogno del corpo, Ponte alle Grazie]


   
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Eva
 Eva
(@eva)
Membro
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Interessante il consumo proteico solo una volta al giorno..


   
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 Muso
(@muso)
Membro
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Post: 1170
 

cioccolato nero (senza abusarne)
miele
1 frutto di stagione
1 frutto secco
1 caffè o tè o meglio tisana di cicoria

Pranzo
1 crudità
1 verdura
Oleaginoso
2 tipi di frutti

Cena
1 crudità
1 legume
1 carne o 1 salume crudo o 2 uova crude o 1 pesce o 1 prodotto di mare
2 tipi di frutti

questa è una dieta perfetta per un sedentario che deve dimagrire


   
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Tropico
(@tropico)
Membro Admin
Registrato: 12 anni fa
Post: 9869
 

Mi sembra strano che non si faccia riferimento alcuno ai fitati e compagnia bella dell'integrale nei cereali, anzi si dice che i cereali venivano consumati con tutta la parte esterna nel passato ancestrale...vabè ma alla fine sono da escludere...quindi non è di fondamentale importanza, strano che la carne di agnello non la reputi buona per il consumo, si forse perchè come quella di maiale puzza se non cotta ma voglio dire..è questione di gusti soggettivi, non è una motivazione scientificamente valida.
Stroncato anche il burro... che incidentalmente all'olio di oliva provoca più morti in Francia,zona nord.
Non è chiara la motivazione dell'esclusione di fegato e rognoni.
Non mi risulta poi che i legumi diano ph basico, le lenticchie per esempio danno scorie molto acide...
Tutta la manfrina sul cotto e le gallette di riso sono tollerate??
La leucocitosi digestiva non è detto che sia minore col cibo crudo come si può vedere da questo studio che si riallaccia tra l'altro al microonde.

La medicina ha fatto così tanti progressi che ormai più nessuno è sano. Huxley | La persona intelligente è quella, e solo quella, che riesce a mettere insieme più aspetti della realtà ed è capace di trovare tra di essi una correlazione. C.Malanga


   
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StarTac
(@startac)
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Registrato: 8 anni fa
Post: 40
 

Jean Seignaleti si è spento all’età di 64 anni fulminato da un cancro al pancreas. Mangiava prevalentemente carne e pesce crudo...

Le sue intuizioni e teorie, forse, non sono il massimo...


   
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(@digeridoo)
Membro
Registrato: 12 anni fa
Post: 442
 

Jean Seignaleti si è spento all’età di 64 anni fulminato da un cancro al pancreas. Mangiava prevalentemente carne e pesce crudo...

Le sue intuizioni e teorie, forse, non sono il massimo...

É una fallacia logica, argumentum ad hominem
Inoltre se un evento è dipendente da cause multifattoriali, escluderne una non implica che l'evento non accada.
In questo caso puoi fare la dieta perfetta in assoluto ammesso che esista, ma se nell'aprile del 1986 ti trovavi in Ucraina, qualche problemino di salute forse lo avrai comunque


   
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