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[Alzheimer]

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Tropico
(@tropico)
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http://www.dietagift.com/notizie/ultime/alzheimer-il-terzo-diabete.html

La medicina ha fatto così tanti progressi che ormai più nessuno è sano. Huxley | La persona intelligente è quella, e solo quella, che riesce a mettere insieme più aspetti della realtà ed è capace di trovare tra di essi una correlazione. C.Malanga


   
Citazione
(@rosenz)
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Mi associo al commento riportato a margine dell'articolo...questa "stretta connessione" tra le due malattie mi appare parecchio azzardata.
La mamma di una mia carissima amica è ricoverata in un nucleo Alzheimer, in totale circa 20 persone che soffrono di questa malattia.

Avendo già sentito questa storia del diabete ho fatto una piccola indagine per capire se ci fosse questo rapporto, o comunque per capire se ci fosse almeno un minimo denominatore comune tra diverse persone che soffrono della stessa malattia.

Niente da fare....i pazienti anche diabetici solo 2, i freddi numeri dicono 10% sul totale, un pò poco per stabilire connessioni plausibili (d'accordo che il campione è limitato ma se le due malattie fossero effettivamente imparentate strette ci dovrebbero essere altri risultati).
Per la cronaca la mamma di questa mia amica come unico parametro anomalo nelle analisi del sangue è il valore del colesterolo HDL (la frazione cosiddetta "buona" del colesterolo) insolitamente elevato sopra i 100...


   
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 Muso
(@muso)
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il 10% non è un dato da trascurare in ogni caso,e poi cosa ne sappiamo(cosa ne sai in questo caso)della funzionalità epatica degli altri pazienti?
Siamo sicuri che abbiano un pancreas in buone condizioni? Alcuni potrebbero contrarre il diabete tra un po', altri mai ma avere qualche problema al pancreas in futuro,altri potrebbero non avere problemi al pancreas perchè hanno un ottima genetica,altri potrebbero già avere problemi che non stanno venendo imputati direttamente al pancreas ma che dipendono da esso.
Quel dato,il 10%,non significa connessione certa ma comunque non va sottovalutato.
Tra l'altro nell'articolo si parla di diabete di tipo 2,che altronon è che resistenza all'insulina,probabilmente quei malati di alheimer sono tutti insulinoresistenti,sebbene non abbiano diabete 2 conclamato.


   
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(@rosenz)
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Muso ha scritto:
il 10% non è un dato da trascurare in ogni
caso,e poi cosa ne sappiamo(cosa ne sai in questo caso)della funzionalità
epatica degli altri pazienti?
Siamo sicuri che abbiano un pancreas in buone
condizioni? Alcuni potrebbero contrarre il diabete tra un po', altri mai ma
avere qualche problema al pancreas in futuro,altri potrebbero non avere problemi
al pancreas perché hanno un ottima genetica,altri potrebbero già avere problemi
che non stanno venendo imputati direttamente al pancreas ma che dipendono da
esso.

Troppi "condizionali" nel tuo ragionamento...quando
si arriva a contrarre una malattia cronica degenerativa come l'Alzheimer
significa che i sistemi difensivi dell'organismo sono totalmente fuori uso,
altro che soffermarsi su singoli organi ed apparati, questo modo di pensare è
tipico della MU, ed infatti non ci capisce nulla, ma proprio nulla...

Muso ha scritto:
....probabilmente quei malati di alheimer
sono tutti insulinoresistenti,sebbene non abbiano diabete 2
conclamato.

Fai bene ad usare il probabilmente per questa
tua pseudo-affermazione, cosa sei un indovino???


   
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(@salvio)
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ma gurda chiamando ciampolini per una cosa, mi ha inviato l'ultima versione
del quarto capitolo della sua dispensa nel quale si
legge:

Malattie associate alla resistenza
all’insulina

Prima o poi durante l’accumulo, le cellule adipose
raggiungono un volume massimo e mandano in media una quantità tripla di grassi
alle cellule corporee. Dentro la fibrocellula muscolare, nelle cellule
assorbenti dell’epitelio intestinale, in quelle del rene, del cuore o corporee,
i grassi vengono bruciati subito, e, se sono in eccesso, sono accumulati in
goccioline. Nella circostanza di abbondanza di grassi in ingresso, la cellula da
l’ordine alla membrana di non rispondere all’insulina e non fare entrare il
glucosio. Se il glucosio rimane in circolo senza essere assimilato dai tessuti
si parla di resistenza all’insulina. Il pancreas aumenta la produzione di
insulina e gli adipociti aumentano di numero a seconda delle risorse genetiche.
Anche se l’individuo non è ancora arrivato al termine del suo ingrassamento, la
condizione di iperinsulinismo che si è creata è già francamente di rischio
(vascolare e proinfiammatorio) abnorme, anche se esistono due altri passi di
aggravio ulteriore. Livelli di insulina ancora più alti perdono efficacia, siamo
alla resistenza all’insulina, la glicemia è ancora a livello ufficialmente
normale. Poi sale anche il livello della glicemia e abbiamo la condizione di
‘ridotta utilizzazione del glucosio’ e poi lo sviluppo del diabete alimentare.
Fondamentali sono le documentazioni, decine di migliaia, che dimostrano
l’associazione della resistenza all’insulina con accidenti vascolari, infarto,
tumori, allergie, autoimmunità e con lo sviluppo dei deterioramenti, come quello
intellettuale fino all’Alzheimer, quello della memoria recente, quello
dell’occhio e della precisione dei movimenti e della capacità di lavoro [1, 3, 8
- 20]. La resistenza all’insulina, curiosamente, colpisce ad ogni età quanto più
è caro a quell’età. Nelle adolescenti colpisce fortemente la femminilità (e
virilità nei giovani), non solo come efficienza ma come deterioramento
dell’attrazione sull’altro sesso perché sviluppa l’insieme patologico che va
sotto il nome di ovaio fibrocistico. Irsutismo, acne, durezza del carattere,
muscolosità allontanano i maschi. Gli ormoni ovarici diventano in parte quelli
maschili e provocano queste alterazioni e molte altre
ancora...


   
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(@rosenz)
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Muso ha scritto:
Ma hai letto
l'articolo?

Ma certo che l'ho letto, fino alle
conclusioni...Occorre quindi percorrere tutte le vie già collaudate nella
prevenzione del diabete: attività fisica in tempi e modi adatti alla nostra
individualità ed un'alimentazione sana, ricca di cibi integrali, frutta,
verdura, grassi di buona qualità (insaturi e polinsaturi).... Ancora una volta
l'alimentazione si rivela determinante punto di partenza per la salvaguardia del
nostro benessere, non solo nell'immediato ma anche nella prospettiva di rendere
migliore la qualità della nostra vita futura.

Conclusioni che si intende
mi vedono assolutamente d'accordo, tra l'altro la dieta Gift proposta dagli
Speciani mi è anche quasi simpatica in quanto non paranoica........ma del resto
tali indicazioni sono valide per agire in prevenzione di fronte a qualsiasi
patologia, non certo solo per il diabete o l'Alzheimer, nè di certo tali
conclusioni dimostrano alcuna relazione o connessione.

La prossima volta
che invece avrò occasione di parlare con i neurologi che seguono i malati di
Alzheimer dirò a loro, a tutti loro, che sono degli autentici inetti e incapaci
e che farebbero meglio a cambiare mestiere...e gli dirò certo di leggersi almeno
un paio delle ......decine di migliaia di documentazioni ???, che
dimostrano l’associazione della resistenza all’insulina con lo sviluppo dei
deterioramenti, come quello intellettuale fino all’Alzheimer...
...finora
non me l'avevano mai accennato nemmeno di striscio.....

Ah,
dimenticavo...conosco anche diverse persone con diabete conclamato, indi
insulinoresistenti da parecchi anni e che hanno sviluppato le classiche
patologie associate...problemi di vista, udito, ulcere e difficoltà di
guarigione delle ferite ecc... stranamente invece non noto particolari
deterioramenti cognitivi...

Qui si semplifica troppo, si trova una buona
e logica teoria e la si estende a tutti i mali dell'universo....poi per carità,
ognuno può credere agli studi che vuole...


   
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 Muso
(@muso)
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Ecco ora hai dato buone motivazioni riguardo al fatto che in alcuni
soggetti(i più fortunati) può NON manifestarsi.
Il punto è,e non voglio
contraddirti a tutti i costi te lo giuro anzi mi piacerebbe arrivassimo a una
conclusione comune,che c'è un dato di fatto,che poi è questo :
" il preciso
meccanismo d'azione all'orgine di tale legame. L'insulina viene degradata da un
enzima detto insulisina, che è esattamento lo stesso che si occupa della
degradazione della beta-amiloide. Ripetuti alti livelli di insulina, quindi,
finiscono per esaurire la capacità d'azione dell'insulisina, che, completamente
occupata dall'azione contro l'insulina, non riesce più a tenere liberi i tessuti
cerebrali dall'accumulo dalla proteina beta-amiloide. Di qui la formazione delle
placche che provocano il danno degenerativo al cervello. "
Questa è una
realtà e non un opinione,se poi l'accumulo di proteina beta amiloide in alcuni
soggetti non provoca danni è un altro discorso,ma questo accumulo c'è a quanto
pare,ed è da considerarsi patologico.
Ora visto che è correlabile a
insulinoresistenza e quindi diabete di tipo 2 mi sembra che l'articolo,letto in
quest'ottica,non sia così assurdo.
Come dicevi in un vecchio post il problema
sta nel guardare le cose settorialmente come fa la MU.
Guardandole invece in
modo aperto a mio avviso la conclusione da trarre,su tutte,è una sola :
l'eccesso di cibo e in particolar modo di carboidrati porta sempre a
patologie,il fatto che siano correlate mi sembra più che logico.
Io leggendo
l'articolo evinco che la maggior parte delle patologie dipende da un eccessiva o
sbagliata alimentazione,e quindi esiste sempre una correlazione di base,questa
correlazione il 90%delle volte c'entra con l'insulinoresistenza,che è il sintomo
principale di una nutrizione eccessiva che in quanto inadatta all'uomo non può
che danneggiarlo.


   
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(@rosenz)
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Post: 184
 

Ma guarda Vittorio che in linea generale sono d'accordo sull'impostazione di
questo tuo ragionamento, qualche anno fa sarei stato d'accordo anche sulle tue
conclusioni, oggi non più, o comunque non completamente, c'è qualcosa che ancora
ben non conosciamo ma che va oltre...
Per cui quegli "alcuni" che all'inizio
chiami fortunati, si fa per dire, che NON sviluppano la malattia in realtà per
me sono molti di più..e che invece sono fermamente convinto che molti malati di
Alzheimer, o qualsiasi altra grave malattia cronica, non siano affatto
insulinoresistenti, come invece indurrebbe a pensare il tuo logico ragionamento.

Come avevo introdotto in un altro 3D, la cellula riceve e manda segnali
non solo di tipo biochimico ma anche biofisico.....impulsi elettromagnetici a
bassa frequenza che sono influenzati dalla biochimica ma non solo, altri sono i
fattori che a volte li determinano e che soprattutto ne determinano o meno il
buon funzionamento.
Il professor P. Spaggiari, nelle cure per es. di malati
di tumore, alle terapie convenzionali già affianca con ottimi risultati queste
terapie.......mandare segnali elettromagnetici a bassa frequenza alla cellula
che siano in grado di riportarla ad uno stato di "coerenza".
Non è che sia in
grado di sviluppare di molto questo argomento, troppo complesso ma tanto mi
basta per dire che la biochimica non è certo tutto e sempre per tale motivo sono
scettico di fronte alle eccessive semplificazioni
.... poi va beh, mi
studierò anche sta insulisina o come diavolo si chiama, ci mancava pure
questa....ma dubito fortemente che solo in quella direzione si troveranno le
giuste risposte.


   
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OneLovePeace
(@onelovepeace)
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Io credevo che l'alzheimer fosse causato da un'intossicazione da alluminio
e/o da farmaci.


La natura non fa nulla di inutile.


   
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(@rosenz)
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E credi bene One, se restiamo nel campo degli "insulti biochimici" i fattori
che citi penso siano ben più determinanti dell'insulinoresistenza.
Ed
infatti nella mia piccola indagine molti malati erano stati in passato ottimi
consumatori di farmaci, soprattutto ansiolitici e per l'insonnia.


   
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 Muso
(@muso)
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Ma sì ma sì,tutto contribuisce,concordo.
Il punto è che un eccesso di
insulina porta a un accumulo di roba(proteina amiloide)che li dove si accumula
non ci dovrebbe stare.
Che poi questo porti o meno a sviluppare patologie è
secondario,intanto però è un alterazione.


   
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(@salvio)
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As I noted earlier ( http://perfecthealthdiet.com/?p=86), everyone gets chronic bacterial infections; infection rates are nearly 100% in the elderly. In most people, however, the infection doesn’t progress to overt symptoms until old age.

The first symptoms, apart from loss of athleticism and energy, often appear in the brain and nerves. This is because neurons are a uniquely cozy home for bacteria. Because they cannot burn fats, neurons have high levels of the energy substrates that bacteria rely on – pyruvate, lactate, and other products of glycolysis.

Loss of memory is one of the primary symptoms of bacterial infection of the brain. I myself had a chronic bacterial infection that caused loss of memory, and my memory was recovered with antibiotic treatment. (I now, thankfully, have a 100% functional brain.) The experience persuaded me that Alzheimer’s was very likely due to a bacterial infection of the brain.

Several recent findings support that inference.

Alzheimer’s patients almost invariably have infections of the brain and nerves. C. pneumoniae is the most common agent. Post-mortem autopsies found that C. pneumoniae infections in 17 of 19 Alzheimer’s brains, but only 1 of 19 non-Alzheimer’s elderly brains. [1]
The characteristic physical feature of the Alzheimer’s brain, clumps of amyloid-beta, are plausibly the result of the brain’s antimicrobial defenses. It turns out that amyloid-beta is an antimicrobial peptide, part of the brain’s defense mechanisms against bacteria. [2]

These findings are consistent with a bacterial origin for Alzheimer’s. In the Alzheimer’s brain, the bacteria are parasites, stealing fuel and nutrients. This may be why the early signs of incipient Alzheimer’s are similar to the cognitive symptoms of hypoglycemia.

If Alzheimer’s is indeed caused by bacterial infection of the brain, then it is a treatable – often, curable – condition. I’ll discuss in my next post some steps that will treat and help cure Alzheimer’s.

[1] Balin BJ et al. Chlamydophila pneumoniae and the etiology of late-onset Alzheimer’s disease. J Alzheimers Dis. 2008 May;13(4):371-80. http://pmid.us/18487846. Hat tip Stephanie Seneff, http://stephanie-on-health.blogspot.com/2009/12/10-evidence-that-infection-is.html.

[2] Soscia SJ et al. The Alzheimer’s disease-associated amyloid beta-protein is an antimicrobial peptide. PLoS One. 2010 Mar 3;5(3):e9505. http://pmid.us/20209079.

http://perfecthealthdiet.com/?p=126


Aleggia Ciampolini quando si postano questi articoli...

Per quello che mi riguarda Ciampolini con i suoi lavori ha ucciso il concetto di gentica 🙂


   
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Tropico
(@tropico)
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Più sale l'età quindi e più si è invasi dalle infezioni causate da batteri e virus per colpa delle infiammazioni croniche, abbastanza lineare e logico.
Plausibile dai dati che quindi l'Alzheimer rientri in una infezione cronica di batteri nel tessuto cerebrale. Se fosse così, dieta e antibiotico (quando serve in questi casi non si può dire di no) potrebbero portare una guarigione. Per la sua semplicità mi pare strano che nessuno abbia già tentato. Certo, con la parola dieta abbiamo detto tutto e niente.

La medicina ha fatto così tanti progressi che ormai più nessuno è sano. Huxley | La persona intelligente è quella, e solo quella, che riesce a mettere insieme più aspetti della realtà ed è capace di trovare tra di essi una correlazione. C.Malanga


   
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(@salvio)
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La mia paura anzi terrore è che queste infezioni perdurino per anni e decenni e quello stato di patologia che si ha quando si finisce di rimpinzarsi di carboidrati per supportare le surreni che immettono ormoni che aiutano a combattere le infezioni sia dovuto proprio a questo, altrimenti perchè lo stato infiammatorio dovrebbe svegliarsi in quel modo devastante.

Ricordi le testimonianze di seguiva la dieta della Gottshall, stavano malissimo con delel infiammazioni bestiali all'inizio.

La sospensione di forti dosi di glucosio come amido gli provocava infiammazioni di tutti i tipi. Io giustificai questo con un esaurimento corticosurrenale che i carboidrati mascheravano, non a caso tutti accusavano la mancanza di carboidrati complessi in mdo pesante, ovvero di quei carboidrati che istantaneamente alzavano la glicemica, cosa che normalmente a digiuno in un soggetto sano fa il l glucagone e in casi di stress il cortisolo.

E se lo stesso Chron, la Rettocolite fossero il risultato di infezioni che il cortisolo stesso ha creato. Mi spiego meglio, quando uno ha mangiato tanti carboidrati ad alto indice glicemico la glicemia sale. Quando questa sale velocemente scenderà rapidamente, ora il cortisolo interverrà per tenerla stabile (iin casi gravi anche l'adrenalina). orbene il cortisolo distrugge le mucose perchè sottrae glucosio.

"Il cortisolo però ha anche molte azioni negative (almeno se svolte eccessivamente), cioè inibisce la sintesi di DNA, RNA, proteine, GH (ormone della crescita, molto importante per un adeguato sviluppo muscolo-scheletrico), testosterone, inibisce l'enzima deiodasi che catalizza la conversione del poco attivo ormone tiroideo T4 nel più attivo T3, aumenta la concentrazione sanguigna di sodio, diminuisce quella di potassio, catabolizza la massa cutanea, muscolare, ossea e quella delle mucose gastro-enteriche."

http://it.wikipedia.org/wiki/Cortisolo

Ora se è presente sempre in eccessive quantità renderà vulnerabile all'attacco microbico le mucose intetsinali e da la l'attacco puo' andare avanti in tutto il corpo.

Io lo so, tu dici:" cavolo nesusno mai ci ha pensato", ma non so se te ne sei accorto ma ultimamente si pensa solo alla politica e all'economia in questo paese e la medicina moderna solo ora si accorge che il cibo ha una potente influenza sul corpo e sulla mente.

Con il resto del mondo siamo là più o meno...


   
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Tropico
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Alzheimer e diabete: un legame strettissimo
di Gabriel Cousens

Circa 4,5 milioni di americani soffrono della malattia di Alzheimer e questo dato potrebbe triplicare in meno di cinquant’anni, secondo la Alzheimer’s Association. Più del 65% degli americani è sovrappeso o obeso e i Centers for Disease Control and Prevention (CDC) stimano che circa 54 milioni di persone siano da considerare pre-diabetiche.
Pre-diabete e diabete significano elevato zucchero nel sangue, obesità, malattie cardiache e, secondo nuove ricerche, anche Alzheimer. Questa correlazione fa presagire un forte aumento nei casi di questa malattia degenerativa a meno che non si intervenga subito sulla dieta e sulle abitudini di vita (138).
I ricercatori hanno iniziato a collegare l’Alzheimer al diabete, all’obesità e alle malattie cardiache. La correlazione è talmente forte da indurre gli scienziati della Brown Medical School a definire l’Alzheimer come diabete di tipo 3 (139). Numerosi studi hanno mostrato che le persone con diabete di tipo 2 hanno un’incidenza circa doppia di Alzheimer. Una ricerca del Karolinska Institute svedese ha scoperto che anche le persone con diabete border line, cioè chi ha alti livelli di zucchero nel sangue, hanno un rischio maggiore del 70% di sviluppare l’Alzheimer (140). Evidentemente, nelle persone con glicemia alta aumenta il rischio di demenza. L’ipotesi è che la causa primaria sia l’inadeguata circolazione cerebrale indotta dal diabete. Uno studio durato otto anni condotto dal Kaiser Permanente ha esaminato 22.582 pazienti di 50 e più anni con diabete di tipo 2 e ha constatato che gli individui con glicemia alta avevano un rischio maggiore di demenza e di Alzheimer. Rispetto ai soggetti con livelli normali di emoglobina glicosilata (HgbA1c minore di 6), coloro che avevano livelli maggiori di 12 avevano il 22% di possibilità in più di sviluppare demenza e per chi aveva i livelli maggiori di 15 le possibilità erano del 78% in più. Così come la malattia vascolare periferica porta all’amputazione, così esiste una demenza vascolare favorita da una cattiva circolazione del sangue nel cervello.
Nuove ricerche che collegano il diabete all’Alzheimer suggeriscono che gli alti livelli di zucchero nel sangue propri del diabete possono portare alla formazione di prodotti di glicazione avanzata, detti anche AGEs (141). Gli AGEs sono sostanze derivate dallo zucchero che si formano nell’organismo dall’interazione tra carboidrati e proteine, lipidi o acidi nucleici come il DNA. Gli AGEs agiscono danneggiando la struttura e le funzioni delle proteine e dei tessuti che contengono proteine142. Studi recenti hanno mostrato che la formazione e l’accumulo degli AGEs sono favoriti dal diabete (143). Secondo la documentazione prodotta dall’osteopata Edward R. Rosick: «I prodotti della glicazione avanzata divengono ancora più distruttivi quando si associano ai radicali liberi formatisi durante la produzione di energia cellulare. Questi agenti estremamente reattivi producono stress ossidativo che può causare danni alle cellule. I ricercatori hanno motivo di ritenere che lo stress ossidativo possa essere coinvolto nella formazione degli AGEs, che a loro volta possono indurre ulteriore stress ossidativo. Gran parte degli AGEs che si accumulano nelle proteine sono prodotti in condizioni di elevato stress ossidativo. Nuove prove mostrano che tale tipo di stress può essere un importante fattore causale sia nell’insulino-resistenza che nel diabete di tipo 2» (144, 145).
Le autopsie cerebrali di pazienti con Alzheimer hanno mostrato segni di elevato danno ossidativo dovuto ai radicali liberi e nuove ricerche indicano che gli AGEs possono dare avvio a questo processo (146). Nei pazienti con diabete e Alzheimer sono lo stress ossidativo e l’accumulo di AGEs a indurre un’analogia biochimica tra le due malattie.
Dobbiamo proteggerci da questo stress ossidativo con l’alimentazione. Alcuni studi hanno indicato come l’acido alfa-lipoico (ALA) aiuti a proteggere il cervello dai danni indotti dai radicali liberi che sono conseguenza dello stress ossidativo; questa scoperta ha implicazioni importanti per la capacità potenziale di proteggere anche contro l’Alzheimer (147, 148).
Un’altra novità positiva è che la glicemia alta dei diabetici e l’aumentato rischio di Alzheimer sono correlati al consumo di cibi raffinati ad alto tenore glicemico e non ai cibi naturali. Nuove ricerche interessanti suggeriscono che gli antiossidanti nei succhi di frutta e verdura possono diminuire il rischio di Alzheimer. Il Kame Project, uno studio a lungo termine su oltre 1.800 nippo-americani condotto a Seattle, ha iniziato tra il 1992 e il 1994 a osservare pazienti non affetti da demenza con una media di età intorno ai 71 anni. Il gruppo è stato seguito fino al 2001. Durante quel tempo, tra i pazienti che avevano seguito il programma alimentare erano stati diagnosticati ottantuno casi di probabile Alzheimer. Chi aveva bevuto succhi di frutta e verdura almeno tre volte a settimana aveva il 73% di probabilità in meno di sviluppare l’Alzheimer rispetto a chi aveva bevuto succhi meno di una volta a settimana (149). Questa è una novità importante, poiché la dieta anti-diabetogena propia della Cultura della Vita comprende grandi quantità di succhi freschi di verdura.
Tratto da Curare il Diabete in 21 giorni

Note
138. “Research reveals deepening connections between diabetes and Alzheimer’s: existing diabetes therapies may help fight Alzheimer’s”. Alzheimer’s Association, 2006. http://www.alz.org/icad/newsreleases/071606_noon_diabtesandad.asp.
139. Rivera, E.J., Goldin, A., Fulmer, N., Tavares, R., Wands, J.R. e de la Monte, S.M., “Insulin and insulin-like growth factor expression and function deteriorate with progression of Alzheimer’s disease: link to brain reductions
in acetylcholine”, J Alzheimers Dis, vol. 8(3), dicembre 2005, pp. 247-268.
140. “Alzheimer’s Disease”, Alternative Medicine, febbraio 2007, p. 66.
141. Takeuchi, M., Kikuchi, S., Sasaki, N., et al., “Involvement of advanced glycation end products in Alzheimer’s disease”, Curr Alzheimer Res, vol. 1(1), febbraio 2004, pp. 39-46.
142. Rosick, E.R., “The deadly conncection between diabetes and Alzheimer’s”, Life Extension, dicembre 2006,
pp. 33-41.
143. Ramasamy, R., Vannucci, S.J., Yan, S.S. et al., “Advanced glycation end products and RAGE: a common thread in aging, diabetes, neurodegeneration and inflammation”, Glycobiology, vol. 15(7), luglio 2005, pp. 16R-28R.
144. Opara, E.C., “Oxidative stress, micronutrients, diabetes mellitus and its complications”, J R Soc Health, vol. 122(1), marzo 2002, pp. 28-34.
145. Houstis, N., Rosen, E.D. e Lander, E.S., “Reactive oxygen species have a causal role in multiple forms of insulin
resistance”, Nature, vol. 440(7086), aprile 2006, pp. 944-948.
146. Moreira, P.I., Smith, M.A., Zhu, X., et al., “Oxidative stress and neurodegeneration”, Ann NY Acad Sci, vol. 1043, giugno 2005, pp. 545-552.
147. Arivazhagan, P. e Panneerselvam, C., “Alpha-lipoic acid increases Na+K+ATPase activity and reduces lipofuscin accumulation in discrete brain regions of aged rats”, Ann NY Acad Sci, vol. 1019, giugno 2004, pp. 350-354.
148. Lovell, M.A., Xie, C., Xiong, S. e Markesbery, W.R., “Protection against amyloid beta peptide and iron/hydrogen
peroxide toxicity by alpha lipoic acid”. J Alzheimer’s Dis, vol. 5(3), giugno 2003, pp. 229-239.
149. Hitti, M., “Fruit, veggie juices may cut Alzheimer’s risk antioxidant may be the key, say researchers”, WebMD Medical News, 20 giugno 2005. http://my.webmd.com/content/Article/107/108607.htm

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L'integrazione della lisina potrebbe prevenire la demenza di Alzheimer? Una nuova ipotesi
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC2987503/ 2010
traduz. google
Vi è una crescente evidenza che implica il tipo 1 del virus herpes simplex (HSV-1) nello sviluppo della demenza di Alzheimer (AD). HSV-1 è stato trovato per essere presenti nel cervello della grande maggioranza degli anziani, e in molte delle stesse aree del cervello che sono affetti da AD. Quando è attivo, il virus può contribuire alla formazione di grovigli neuro-fibrillari e placche amiloidi caratteristiche di AD. Come AD, HSV-1 encefalite può causare la perdita di memoria a lungo termine. HSV-1 replica viene soppressa in ricchi di lisina / arginina - ambienti poveri, e studi di popolazione suggeriscono che le diete ad alto contenuto di lisina e basso contenuto di arginina può essere associata a minori tassi di AD. Non esistono studi prospettici sull'efficacia della supplementazione lisina per prevenire o ridurre l'incidenza di AD. La supplementazione con dosi adeguate di lisina potrebbe impedire lo sviluppo di AD.

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