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Il Training Autogeno in situazioni estreme

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(@salvio)
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Quanto detto a proposito dei farmaci vasodilatatori può essere ottenuto, in soggetti ben allenati al TA, con lo svolgimento dell'esercizio del calore. Ricordo, ad esempio, il caso di un noto atleta che ormai da tre anni praticava la mia tecnica allo scopo di migliorare le proprie prestazioni; accadde che, in montagna, fu un giorno, con alcuni compagni, travolto da una slavina; furono tutti costretti a permanere per molte ore sotto la neve, a circa 30 gradi sotto zero; egli, ad intervalli distanziati di pochi minuti, praticava l'esercizio di concentrazione psichica cercando di indurre calore alle orecchie, al naso, alle dita della mani e dei piedi; di tutto quel gruppo di escursionisti fu l'unico a poter così difendersi dalle conseguenze del freddo e fu l'unico a non riportare lesioni da congelamento.

Numerosi casi simili ci vennero riferiti da ex-prigionieri di guerra che passarono lunghi anni di cattività; tra essi un ingegnere, di circa sessant'anni,
che dal 1937 al 1940 aveva praticato gli esercizi del T.A.; egli mi scrisse: "II training mi fu sempre di immenso aiuto; durante due anni di prigionia trascorsi in Russia riuscii grazie ad esso a sopravvivere e potei evitare qualsiasi lesione da congelamento. (Schultz, I vol, p. 159).

Lindemann era un appassionato velista, amante delle avventure che oggi chiamiamo “estreme”. Nel 1955, quando aveva 33 anni, attraversò l’Atlantico in una piccola imbarcazione, senza riserve di cibo né di acqua. Si era ripromesso di fare un’esperienza da “naufrago volontario”, essendosi posto l’obiettivo di studiare le capacità di sopravvivenza umane in caso di naufragio, sia dal punto di vista fisico che psicologico. In particolare, voleva confutare, da medico, un’idea infondata e pericolosa, che circolava in quel periodo: che in caso di necessità si potesse sopravvivere bevendo l’acqua del mare.
Scelse per il suo esperimento una piroga dell’Africa occidentale, un kru-kanu, un vero e proprio guscio di noce, con il quale, partendo dalla Liberia, giunse ad Haiti, attraversando l’Atlantico con una navigazione solitaria di 65 giorni.
Giunto sano e salvo a destinazione, dopo aver superato prove molto dure, si rese conto che l’ottima preparazione fisica con cui aveva affrontato la prova, non lo aveva messo al riparo da problemi psicologici talmente gravi da mettere a repentaglio la sua stessa vita. Lindemann era consapevole che in casi estremi la mente può cedere prima del corpo, e che l’angoscia, il panico e la disperazione possono in questi casi risultare fatali. Pertanto, iniziò a chiedersi quale fosse l’”arma segreta” per superare quello che, secondo lui era stato il fallimento della sua impresa: il cedimento psicologico.
Si ripromise che sarebbe stato Training Autogeno, di cui lui era esperto.
Questa volta decise di riprovare, con un canotto smontabile, di sicuro inadatto alla navigazione dell’Oceano. Avrebbe avuto con sé anche l’arma segreta: il TA.
Lindemann organizzò l’impresa con la solita dura preparazione fisica, e dedicò molto tempo anche alla preparazione psicologica.
Si rivolse innanzi tutto alla fede, attribuendole un duplice significato: la fede religiosa con la forza della preghiera, ma non solo. Egli aveva “fede” anche nel senso della ferma convinzione della riuscita della sua impresa. Questo per lui rappresentava una condizione irrinunciabile per riuscire davvero.
Sei mesi prima della partenza, elaborò la sua prima formula di proponimento: “Ci riesco”. Si dedicava a questa frase durante l’esecuzione del TA, e la ripeteva e vi si concentrava spesso in vari momenti della giornata, finché il proponimento diventò motto di vita.
Dopo circa tre settimane di intenso lavoro con il proponimento “ci riesco”, Lindemann avvertì all’improvviso un profondo senso di sicurezza, e “seppe” che sarebbe tornato sano e salvo dall’impresa. Ecco le sue parole:Avevo più volte cercato di attivare il mio inconscio, al fine di ricevere in sogno, o come “voce interiore”, una risposta alla domanda: questo viaggio è giustificato dal punto di vista morale? Arriverò sano e salvo? La risposta fu un “senso di sicurezza cosmico”, un senso cosmico di protezione, molto simile a un sentimento di tipo religioso, se non identico a esso. Solo quando mi sentii pervaso e sostenuto da questa sensazione decisi definitivamente di intraprendere la traversata.
Durante la navigazione il proponimento emerse sempre automaticamente ogni qual volta dovetti superare momenti critici. Al primo capovolgimento, soprattutto, mi commossi dolorosamente, quando il proponimento “Ci riesco” emerse improvvisamente dal buio, mi guidò, mi sostenne e quasi mi inebriò. (Lindemann, 2003, pag. 6).

patriziabelleri.it/index.php/training-autogeno/17-il-training-autogeno-in-situazioni-estreme
Patrizia Belleri http://www.patriziabelleri.it/index.php/training-autogeno/17-il-training-autogeno-in-situazioni-estreme


   
Citazione
(@arthur)
Membro
Registrato: 12 anni fa
Post: 160
 

Per mia esperienza so che se hai convinzione di trovare o fare qualcosa, quella cosa la ottieni, qualsiasi cosa essa sia. Goethe molti anni prima del TA diceva che "se hai la certezza di ottenere qualcosa, tutto l'universo sarà con te per fartela ottenere".
Per quanto riguarda l'intestino, quando son messo male o ho scariche di dolori, il più delle volte basta o una serie di giri di EFT o il respiro continuativo con la pancia.
Tanti problemi si attenuano e di molto anche solo con la meditazione, 20 minuti al giorno e la mente balla di meno, e di conseguenza anche l'intestino.


   
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Tropico
(@tropico)
Membro Admin
Registrato: 12 anni fa
Post: 9884
 

La meditazione rallenta l’invecchiamento
cerebrale

Già in passato alcuni ricercatori avevano dimostrato
che specifiche zone del cervello delle persone che praticavano la meditazione in
modo regolare erano più sviluppate e contenevano maggiori quantità di materia
grigia rispetto ai soggetti non coinvolti in alcuna attività. Studi successivi
hanno poi dimostrato che le persone che meditano hanno anche un numero maggiore
di connessioni tra i neuroni e mostrano segni meno evidenti di atrofia cerebrale
legata all’età. Avere maggiori connessioni significa trasmettere segnali in modo
più rapido ed efficiente attraverso il cervello e per questo gli effetti
preventivi della meditazione sembrano coinvolgere molte più zone cerebrali di
quello che si ipotizzava in passato. Questi studi indicano come forme antiche di
cura del sè abbiano impatti molto profondi a livello fisiologico e biochimico.
Mettere in pratica le tecniche di meditazione non è semplice e spesso all’inizio
occorre essere guidati. Ma se oltre a ridurre lo stress e ad aumentare il
benessere complessivo della persona la meditazione può aiutare il cervello a non
invecchiare, è auspicabile che sempre più persone si avvicinino a tale
pratica.

http://www.filippo-ongaro.it/2011/08/04/la-meditazione-rallenta-linvecchiamento-cerebrale/

La medicina ha fatto così tanti progressi che ormai più nessuno è sano. Huxley | La persona intelligente è quella, e solo quella, che riesce a mettere insieme più aspetti della realtà ed è capace di trovare tra di essi una correlazione. C.Malanga


   
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