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Quale glucosio consumi?

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(@salvio)
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Quanto glucosio consumi?

Quanto glucosio si consuma esattamente con un esercizio fisico? E da quale parte del corpo proviene esattamente il carburante utilizzato? A Udine si lavora per mettere a punto un sistema che risponda automaticamente e in tempo reale a queste domande.

Alimentazione, insulina ed esercizio fisico sono i tre cardini della terapia nel diabete insulinodipendente. Da tempo i diabetologi sanno con sufficiente precisione in quale modo e tempo i cibi e l'insulinoterapia influenzano la glicemia.
"Per quanto riguarda l'esercizio fisico invece, il problema è più complesso", nota Mario Geat, un medico internista che da tempo dedica la sua attività di ricerca al controllo metabolico del paziente diabetico che svolge attività fisica lavorativa o sportiva. "Su questo argomento il diabetologo è stato finora in grado di dare al paziente indicazioni purtroppo imprecise".
Intorno a questo tema si è creato nel 1996 fra le Università di Udine e di Trieste un Gruppo di Studio interdisciplinare che ha coinvolto, oltre alle Facoltà di Medicina e Chirurgia dei due Atenei, il Centro diabetologico di Udine, il Centro Regionale di medicina dello Sport e il corso di laurea in Bioingegneria dell'Università di Trieste.

Tre 'serbatoi' per il carburante del corpo
Perché la questione è complessa? Prima di tutto perché è necessario conoscere il rapporto fra intensità del lavoro muscolare e consumo di glucosio. Per compiere lo stesso sforzo, persone diverse hanno bisogno di quantità diverse di glucosio. "In secondo luogo perché non è mai stata valutata l'attività dell'insulina nel momento in cui viene compiuto lo sforzo", afferma Geat. La complessità deriva anche dal fatto che il nostro organismo ha tre serbatoi di glucosio:
- Il glucosio, diciamo così, alimentare proveniente dalla digestione del pasto più recente;
- Il glucosio immagazzinato sotto forma di glicogeno nelle cellule dei muscoli;
- Il glucosio immagazzinato nel fegato, anch'esso sotto forma di glicogeno.
Da quale serbatoio proviene il carburante bruciato durante un esercizio fisico come una passeggiata, una pedalata in bici, una corsa, una partita a tennis? La risposta non è semplice. "L'organismo della persona che secerne normalmente insulina mantiene in equilibrio la glicemia perché il fabbisogno di glucosio determinato dal lavoro muscolare viene dapprima coperto con quello presente nei muscoli in attività e, in parte, con quello presente nel sangue. Subito dopo però entra in azione il fegato", spiega Maria Pia Francescato, ricercatrice di fisiologia presso la Facoltà di medicina dell'Università di Udine, "che, in risposta alle aumentate necessità, rilascia il glucosio in esso depositato sotto forma di glicogeno e, se necessario, inizia a produrre altro glucosio, consentendo alla glicemia di rimanere invariata". Perché dopo un esercizio fisico la persona diabetica insulinodipendente può invece trovarsi in ipoglicemia? Perché in questi pazienti il fegato non reagisce immediatamente, rilasciando le necessarie quantità di glucosio? "Perché il segnale che induce il fegato a rilasciare glucosio è la riduzione dell'insulina", risponde la francescato.
"Nell'organismo sano, non appena inizia il lavoro muscolare, il pancreas riduce la produzione di insulina. Di conseguenza l'insulinemia, cioè la quantità di insulina presente nel sangue, si riduce e questo segnala al fegato che è il momento di rilasciare il suo glucosio". Nella persona insulinodipendente la quantità di insulina presente nel sangue dipende essenzialmente dalla dose assunta, dal tempo trascorso dall'ultima iniezione e dal tipo di insulina iniettata (insulina pronta o ritardata). Nota Geat: "insomma, che faccia esercizio fisico o meno, l'insulina iniettata rimane uguale e quindi viene a mancare la funzione di segnale verso il fegato. Il soggetto sano comanda l'insulina, mentre il soggetto diabetico è comandato dall'insulina".
Il risultato è che nelle prime ore dopo l'iniezione di insulina pronta, l'esercizio fisico porta rapidamente all'ipoglicemia, in quanto la forte presenza di insulina non consente il rilascio di glucosio da parte del fegato.
Al contrario, verso la sesta, settima ora dopo l'iniezione, lo stesso esercizio non provoca ipoglicemia, in quanto la bassa insulinemia favorisce il rilascio di glucosio da parte del fegato.

Le ragioni delle ipo 'sportive'
Cosa significa tutto questo in termini pratici? "Che una partita di tennis giocata alle tre del pomeriggio espone il soggetto insulinodipendente al concreto rischio di una ipoglicemia, mentre questo rischio non esiste se viene giocata alle sette di sera", esemplifica Geat. Grazie anche al contributo di Roche Diagnostics il Gruppo di studio ha esaminato i parametri fisiologici di 24 persone, 12 delle quali insulinodipendenti, sottoposte ad uno sforzo fisico di moderata intensità. La ricerca ha messo in luce le relazioni tra dose di insulina, tempo trascorso dall'iniezione e quantità di carboidrati da assumere prima dell'esercizio.
La sperimentazione ha consentito di definire i parametri che permettono di calcolare ciò che avviene nell'organismo prima, durante e dopo uno sforzo fisico prolungato. "Il secondo obiettivo del Gruppo di Studio è quello di produrre un apparecchio molto simile a un normale cardiofrequenzimetro, simile a quello usato da molti appassionati corridori, il quale, inseriti alcuni parametri individuali del paziente e conoscendo ora, quantità e tipo di insulina praticata sottocute e valore della glicemia prima di iniziare l'esercizio fisico, fornisca automaticamente i dati necessari per evitare ipoglicemie" conclude Maria Pia Francescato.

Notare che affinchè il glucosio presente nel fegato possa essere usato, devono calare i livelli di insulina, altrimenti vi ritrovate un serbatoio inutilizzabile che per hiunta se non decrementa la sua quota di glicogeno non sa neppure che deve iniziare a produrre corpi chetonici.
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Se c'è un eccesso di glucosio, il fruttosio viene
depositato nel fegato piuttosto che essere usato come sostituto del glucosio dai
muscoli, questo poi dovrebbe essere usato come glucosio ottenuto dal glicogeno
ottenuto dal fruttosio assunto dalla dieta, ma se non scende il livello
plasmatico dell'insulina, questo non viene usato con il risultato che i depositi
del fegato restano pieni e i muscoli catabolizzano sè stessi; e inoltre la
chetosi non parte dato che se il fegato non resta a corto di glucosio non avvia
questo meccanismo, quindi non si possono usare temporaneamente neppure i corpi
chetonici quindi i muscoli sono costretti a catabolizzare ulteriolmente sè
stessi se si insiste con l'esercizio fisico. Inoltre trasforma sia il fruttosio
che i grassi assunti con la dieta in potenti nemici per la salute, che piuttosto
che entrare nel pool metabolico tendono a depositarsi.


   
Citazione
(@andrea)
Membro
Registrato: 13 anni fa
Post: 708
 

quindi mi pare di capire che la frutta va bene..giusto? cioè in caso di eccesso di glucosio provvede a ricaricare di glicogeno il fegato...mmm quindi si deve perforza stimolare poco l'insulina per far si che quando ci si trovi in ipoglicemia il fegato rilasci glicogeno


   
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