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Il Dilemma Dell'Onnivoro - Pollan Michael

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Tropico
(@tropico)
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Che cosa mangiamo, e perché? Sono domande che ci poniamo ogni giorno, convinti che per rispondere basti sfogliare la rubrica di un giornale, o ascoltare per qualche minuto l'ultimo imbonitore nutrizionista ospitato in tv. Ma se quelle domande le si guarda un po' più da vicino, come fa Michael Pollan in questo suo documentato saggio, forse il primo sull'argomento a non prendere alcun partito, se non quello dell'ironia e del buon senso, le risposte appaiono meno scontate. Che legga insieme a noi le strepitose biografie del defunto pollo "biologico" riportate sulla confezione di petti del medesimo, o attraversi le lande grigie e fangose del Midwest, dove milioni di bovini nutriti a mais e antibiotici vivono la loro breve esistenza fra immensi stagni di liquame, Pollan arriva immancabilmente a conclusioni di volta in volta raccapriccianti o paradossali.

Se ci sono voluti quasi sei mesi per recensire questo libro di Michael Pollan, non lo si deve soltanto alla nostra inveterata pigrizia. Il fatto è che risulta davvero difficile decidere da che parte iniziare a descrivere, o anche soltanto a classificare, un’opera tanto ricca di spunti di riflessione, dibattito e analisi che toccano in profondità l’oggetto del nostro lavoro e della nostra passione: il cibo.
“Il dilemma dell’onnivoro” è, prima di tutto, una lucida e obiettiva inchiesta sui processi produttivi del cibo nella nostra epoca, ma è anche un saggio critico che non si astiene da giudizi, proposte, speranze e utopie per il futuro della nostra alimentazione; è una leggera ma acuta riflessione filosofica sullo strettissimo rapporto (materiale e immateriale) che ci lega alle sostanze di cui ci nutriamo; è, per finire, una concreta esposizione, non viziata dai consueti toni apocalittici e da prese di posizione aprioristiche, delle ragioni per le quali il modello di sviluppo praticato nel mondo occidentale non è, alla lettera, “sostenibile” dalla nostra civiltà. Sotto quest’ultimo aspetto, il libro si sarebbe potuto intitolare senza scandalo “L’uomo è una locusta”, vista la pertinenza con cui affronta la tematica dell’insensato dispendio (e spreco) di risorse che caratterizza l’agricoltura e l’allevamento, ma non solo, nell’epoca contemporanea.

Tutto ciò non deve far pensare al libro di Pollan, edito da Adelphi (488 pagine, 28 euro) nella bella traduzione di Luigi Civalleri, come a una lettura difficile o di registro eccessivamente “elevato”: tutt’altro. Il tono colloquiale e scanzonato scelto dall’autore, insieme alla periodizzazione vivace e mai ingarbugliata, garantiscono una lettura scorrevole anche nei passi più ostici; anzi, a sprazzi le pagine di Pollan soffrono forse di una nota di eccessiva ingenuità che spesso caratterizza la saggistica statunitense… ma sono solo brevi passaggi a vuoto a fronte di un’analisi in cui l’autore, collaboratore del "New York Times Magazine" e professore di giornalismo a Berkeley, non tira mai indietro la penna anche davanti a problematiche ampie e complesse che lambiscono i confini della psicologia e della chimica, dell’antropologia e della microeconomia.

Il volume, che si apre con una breve introduzione dal sintomatico titolo “Il disordine alimentare americano”, è diviso in tre parti ben distinte. La prima è “La catena industriale: l’impero del mais”, certamente la più interessante per la sua capacità di analizzare ed esplicitare nei minimi dettagli una situazione pressoché sconosciuta alla gran parte degli osservatori, distratti o disinformati. In pratica, Pollan descrive e stigmatizza la pervasività della coltura del mais, divenuta ormai la coltivazione quasi monopolistica in tutti i terreni degli Stati Uniti, e la sua presenza sempre più massiccia nell’alimentazione americana (ma non solo) sotto le forme più diverse. Il dominio del granturco è tale che l’autore arriva al paradosso di definire la specie umana “un sottoprodotto lavorato del mais con le gambe”. Naturalmente non manca un articolato esame delle cause di questo fenomeno e delle sue gravi conseguenze. C’è proprio tutto, dalla distruzione delle piccole economie rurali all’improprio utilizzo del mais in eccesso, dal “riadattamento” dei bovini costretti a nutrirsi di proteine fino agli estremi sviluppi: la diffusione dell’alimentazione da fast food e i conseguenti disturbi alimentari di buona parte della popolazione nordamericana. È indubbio che scaturiscano da queste pagine le immagini più forti del libro e le riflessioni più concrete sugli errori, e sugli orrori, delle politiche alimentari delle nazioni industrializzate nell’ultimo secolo. Particolarmente toccanti, a vari livelli, i paragrafi in cui l’autore “adotta” un vitello neonato per seguirne il percorso dallo svezzamento alla macellazione, rivelando i guasti di un sistema tanto disumano quanto inefficiente.
Non così incisiva la seconda parte, intitolata “La catena pastorale: l’erba”. La tematica più ostica, la forte presenza di tecnicismi e i toni talvolta eccessivamente utopistici rendono meno appassionanti queste pagine; soprattutto, mentre per qualunque lettore è facile identificarsi nel consumatore vessato e tradito dalla grande industria, non è altrettanto semplice simpatizzare con l’autore quando lamenta i problemi dell’agricoltura biologica che, con i suoi metodi da grande distribuzione, finisce per essere soltanto un duplicato di quella “ufficiale”, rivelandosi quasi altrettanto dannosa per l’ambiente e poco conveniente dal punto di vista economico. La soluzione proposta (riscoperta delle fattorie, dei macelli “artigianali”, dei mercatini rionali) è affascinante, ma la sua applicazione su larga scala non convince poi troppo; va detto, peraltro, che prima di aderirvi lo stesso Pollan si è sottoposto a una massacrante settimana di lavoro nell’azienda agricola Polyface spalando letame e sgozzando polli, il che rende decisamente più credibili le sue argomentazioni.
“La catena personale: il bosco”, terza e ultima parte, è senz’altro la più debole sul piano dell’analisi. L’idea di realizzare una cena “fatta in casa” contando solo sui prodotti della caccia e della raccolta, e quindi su maiali selvatici, funghi e vegetali che Pollan si è procurato personalmente, sembra più un gioco che una seria alternativa di consumo, anche se si percepisce chiaramente il divertimento sperimentato dall’autore nel metterla in pratica! In compenso però è proprio qui che si trovano gli spunti teorici più interessanti di tutto il libro: dal valore culturale del cibo all’importanza dell’invenzione della cottura, fino all’imperdibile capitolo “Il problema etico del mangiare carne” in cui vengono affrontate senza remore le ragioni del vegetarianesimo.
Si termina la lettura lievemente sconcertati dal volume di informazioni ricevute, anche perché la sterminata bibliografia del volume lascia intendere innumerevoli possibilità di approfondimento. Ma una cosa è certa: nella misura in cui riesce a regalare una presa di coscienza, sia pure tenue, dell’importanza di ciò che mangiamo e di come lo mangiamo, questo libro merita senza alcun dubbio di essere letto e “digerito”, anche dopo sei mesi. Fonte

La medicina ha fatto così tanti progressi che ormai più nessuno è sano. Huxley | La persona intelligente è quella, e solo quella, che riesce a mettere insieme più aspetti della realtà ed è capace di trovare tra di essi una correlazione. C.Malanga


   
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fabio meloni
(@fabietto)
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Interessante! L'hai letto?

La forma è anche sostanza. Chi veicola un messaggio non può essere estraneo al suo contenuto. Tropico - Chi è musone e triste non riesce a tener lontano la malattia. Tonegawa - Le testimonianze vere di gente normale valgono più di tante elucubrazioni teoriche. Francesca F.C.


   
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Tropico
(@tropico)
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Non ancora...
Però è affascinante e non stupida la domanda/dilemma: " Cosa mangio oggi? In base a cosa decido? Chi decide cosa devo mangiare?"

La medicina ha fatto così tanti progressi che ormai più nessuno è sano. Huxley | La persona intelligente è quella, e solo quella, che riesce a mettere insieme più aspetti della realtà ed è capace di trovare tra di essi una correlazione. C.Malanga


   
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gianlnicc
(@gianlnicc)
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Mi è appena arrivato, appena fattoletto recensisco.

Io sono quel che sono e questo è tutto quel che sono

Popeye the sailor man


   
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Tropico
(@tropico)
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Mi è appena arrivato, appena fattoletto recensisco.

:ok: attendiamo un tuo parere

La medicina ha fatto così tanti progressi che ormai più nessuno è sano. Huxley | La persona intelligente è quella, e solo quella, che riesce a mettere insieme più aspetti della realtà ed è capace di trovare tra di essi una correlazione. C.Malanga


   
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fabio meloni
(@fabietto)
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Anche io attendo news!
Ciao:-)

La forma è anche sostanza. Chi veicola un messaggio non può essere estraneo al suo contenuto. Tropico - Chi è musone e triste non riesce a tener lontano la malattia. Tonegawa - Le testimonianze vere di gente normale valgono più di tante elucubrazioni teoriche. Francesca F.C.


   
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fabio meloni
(@fabietto)
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[video=youtube] http://www.youtube.com/watch?v=m9tMx83C6w8 [/video]

La forma è anche sostanza. Chi veicola un messaggio non può essere estraneo al suo contenuto. Tropico - Chi è musone e triste non riesce a tener lontano la malattia. Tonegawa - Le testimonianze vere di gente normale valgono più di tante elucubrazioni teoriche. Francesca F.C.


   
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fabio meloni
(@fabietto)
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L'allevatore del minuto 42 la pensa uguale al mio amico pastore di fiducia. Per esempio, quando un giorno gli chiesi se ai suoi animali gli desse dei mangimi, mi rispose che non aveva bisogno di arricchire il "consorzio agrario", visto che le sue bestie gli basta quello che mangiano in montagna per ingrassare.

La forma è anche sostanza. Chi veicola un messaggio non può essere estraneo al suo contenuto. Tropico - Chi è musone e triste non riesce a tener lontano la malattia. Tonegawa - Le testimonianze vere di gente normale valgono più di tante elucubrazioni teoriche. Francesca F.C.


   
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